Pietro Alfio Giuseppe Privitera, nacque a San Pietro Clarenza, il giorno 8 novembre 1881, da Francesco ed Anna Lombardo.
Il piccolo Pietro, quartogenito in una numerosa famiglia, ricevette dai suoi genitori una profonda formazione alla vita cristiana, permeata di preghiera, lavoro e impegno, che quotidianamente si riuniva per la recita serale del rosario.
Dopo un’infanzia felice, alla fine delle scuole elementari, Pietro, anche se desideroso di proseguire negli studi, per le esigenze familiari dovette dedicarsi completamente al lavoro nei campi accanto al padre.
Pietro accanto al duro lavoro viveva un’intensa vita spirituale, alimentata dalla preghiera, dalla partecipazione alla Messa domenicale e ad alcune le opere di carità, a cui si dedicava con profondo amore.
Aveva diciannove anni, 28 dicembre 1908, un violento terremoto distrusse Messina e Reggio Calabria. In quell’occasione anche Pietro si recò a Messina con il suo carro per sgombrare macerie e per assistere i terremotati.
Pietro dal 1910 dovette assumersi l’onere di capofamiglia per la morte del padre.
Otto anni dopo, con l’inizio del primo conflitto mondiale, Pietro Privitera, il giorno 7 febbraio 1916 venne chiamato alle armi il 7 febbraio del 1916.
Dopo le prime destinazioni a Corleone e a Monreale dopo, nel mese di luglio fu destinato al fronte, tra il Carso e Monfalcone.
Pietro prima di recarsi al fronte, mentre era a Monreale entrò in contatto con i frati cappuccini del convento della Casa Santa ed ebbe modo di relazionarsi con padre Dionigi da Gangi che gli regalò un libro di meditazioni sulla Passione di Cristo, per i giorni oscuri della guerra.
Al fronte, Pietro fece la promessa che si sarebbe fatto cappuccino se fosse tornato incolume dalla guerra. Nel maggio del 1818 fu rimandato a Monreale e nell’agosto di quell’anno è stato congedato.
Al suo ritorno a casa, sua madre Anna, lo invitava speso a pensare a formarsi una famiglia; ma sua risposta era sempre la stessa: “poi ci penso…”.
Pietro, dopo, la morte di sua madre e sistemate le sue decise di partire e disse a tutti: “vado a tentare la fortuna; mi vado a fare frate a Monreale”.
Il12 marzo 1920, Pietro Privitera lasciati i parenti chiese di essere ammesso come semplice fratello laico alla comunità dei cappuccini di Monreale.
Il 15 maggio 1921, nel convento di Caccamo, Pietro ricevette l’abito dei cappuccini e sotto la guida di padre Ignazio da Bisacquino iniziò l’anno dì noviziato. Da quel momento a Pietro Alfio Giuseppe Privitera, venne assegnato il nome di fra Pietro da San Pietro Clarenza.
Dopo aver pronunciato la sua professione solenne, il 20 maggio 1922, fra Pietro venne destinato alla comunità della Casa Santa di Monreale, con il compito di addetto alla questua, in aiuto di fra Salvatore da Casteltermini”.
Molto presto fra Pietro sperimentò sulla sua pelle la difficoltà di “aiutare” fra Salvatore che, forte della sua anzianità nella vita religiosa, aveva piuttosto bisogno di un’incudine che di un aiutante, col suo carattere che è eufemistico definire “rigoroso ed autoritario”.
Fra Pietro rispondeva alle esplosioni verbali di fra Salvatore con un “sia tutto per l’amor di Dio”, convinto davvero che tutto fosse per il suo bene anche seconfratelli, all’unanimità, sono stati concordi nell’affermare che “solo fra Pietro poté convivere ed esercitare il proprio ufficio con fra Salvatore da Casteltermini”.
Questo atteggiamento non stupisce perché Fra Pietro, umile e sempre disponibile, desiderava essere “il vero asino dei Reverendi Padri Cappuccini” che con la sua bisaccia poteva anelare ad una vita di santità.
Durante il suo quotidiano impegno di questuante percorse tra campagna e montagne tutti i territori tra Monreale, San Cipirrello, San Giuseppe Jato e Partinico.
Chi lo conobbe testimonia del suo instancabile lavoro molto spesso sotto le intemperie, a volte umiliato da chi incontrava e dall’incertezza di una vita al limite.
Nei suoi viaggi fra Pietro si metteva a lavorare accanto ai contadini sapendo che era quella la sua chiamata.
Per chiunque lo incontrasse aveva una parola buona, incontrava tutti con un sorriso sereno diventando un semplice e autentico missionario delle campagne.
La sua vita era fatta di lavoro e d’interminabili ore di preghiera e di adorazione eucaristica.
Il giono 4 ottobre 1939, fra Pietro, con il suo inseparabile carro, andò verso alla stazione ferroviaria di Partinico per portare ai suoi confratelli del convento di Caltanissetta una partita di vino da Messa.
Ma all’improvviso la mula che trainava il carretto, all’arrivo di un treno, s’impennò facendo scivolare la botte con oltre 400 litri di vino, addosso a fra Pietro, provocandone la morte per schiacciamento.
Al suo funerale accorse una moltitudine di fedeli; e mentre i partecipanti affermavano che era morto un santo, i poveri del quartiere Spine piangevano la perdita del loro “padre”.
Tra la popolazione è sempre stata mantenuta viva, la memoria di fra Pietro.
Il 25 giugno 1972, i suoi resti sono stati traslati nella chiesa dei Cappuccini di Partinico e il giorno 1 luglio 1985 è iniziato il processo per la beatificazione di fra da Pietro San Pietro Clarenza (Pietro Alfio Giuseppe Privitera).
Dopo la conclusione del processo informativo avvenuta il 12 novembre 1987, il decreto sulla validità dell’inchiesta diocesana è stato emesso il giorno 10 luglio 1991.
Autore: Mauro Bonato
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