Francesco Saverio Fusco nacque a Terzigno nel 1809, un piccolo angolo del Regno delle Due Sicilie, dove trascorse la sua infanzia in una famiglia benestante e profondamente cattolica. Suo padre, il medico chirurgo Nicola Fusco, e sua madre, Maria Gaetana Ferrante, lo educarono fin da piccolo con amore e devozione a Dio, instillandogli un profondo senso di carità. Il giovane Francesco, come un futuro pastore, sentì il richiamo della missione spirituale e sociale che avrebbe definito tutta la sua vita. Educato a essere un “servo dei servi di Dio”, emulò suo padre nell’impegno verso gli altri, pronto a prendersi cura dei bisognosi e degli emarginati, come un medico dell’anima. Nel 1833, Don Francesco Saverio Fusco fu ordinato sacerdote dal vescovo Gennaro Pasca e intraprese il suo cammino ministeriale con un cuore puro e zelante. Il suo ministero si sviluppò a Terzigno, nella Chiesa dell’Immacolata Concezione, dove, come confessore e catechista, seppe istruire, consolare e accompagnare le famiglie verso una vita di fede più profonda. Nel 1840, quale vincitore di una terna di concorrenti, il vescovo Pasca lo nominò a guidare la parrocchia di San Gennarello a Ottajano, un compito che Don Francesco svolse con fervore dal 1840 fino alla sua morte nel 1880. Fu qui che divenne noto come il “parroco buono”, esempio di virtù cristiane, di amore incondizionato per i fedeli e di dedizione infinita alla causa del Vangelo. Don Francesco Saverio Fusco, il cui cuore batteva per gli ultimi, non si limitò a guidare spiritualmente la sua parrocchia, ma divenne un punto di riferimento tangibile per tutti. La sua casa divenne un rifugio per chiunque avesse bisogno di conforto, uno “studio medico”, con la consulenza del padre Nicola, per i bisognosi che si rivolgevano a lui per assistenza. La parrocchia, con la “casa del casamento”, fungeva da centro per l'ospitalità di chi necessitava assistenza materiale e per chi voleva intraprendere un periodo di riflessione spirituale. Contrariamente a una visione distaccata del ministero, Don Saverio non fu mai un teorico da tavolino, ma un “pastore in uscita”, una figura che oggi piace a Papa Francesco. Giornalmente percorreva le strade della comunità per addentrarsi nei quartieri, portando la gioia del Vangelo e assicurando a tutti i sacramenti necessari. Non era un semplice predicatore, ma un pastore che viveva tra la sua gente, condividendo le loro gioie e sofferenze, portando una parola di speranza e conforto nei momenti di difficoltà. Per far fronte alla negligenza di coloro che avevano la responsabilità educativa dei figli e alle difficoltà della frequenza del catechismo, Don Francesco Saverio Fusco assunse l’importante iniziativa di istituire scuole di catechismo presso i quartieri della sua parrocchia. Queste scuole, affidate a “buone donne” di comprovata fede e moralità, si inserivano perfettamente nel suo continuo impegno pastorale. Esse non solo miravano all’educazione religiosa, ma anche a un miglioramento sociale e alla formazione morale della comunità. Si trattava di un nuovo modello di evangelizzazione, ispirato all’amore e alla carità cristiana, ma anche alla necessità di rispondere ai bisogni materiali e spirituali della gente. Un instancabile e assiduo insegnante della dottrina cristiana, sia all'interno che all'esterno della chiesa, verificava con attenzione che i ragazzi mettessero in pratica gli insegnamenti ricevuti, sia nei confronti dei genitori che verso il Signore. Anche quando i risultati non erano quelli sperati, li incoraggiava con pazienza, perseveranza e fiducia, spronandoli a crescere nella fede con speranza e coraggio. Don Saverio Fusco esortava inoltre i sacerdoti della sua parrocchia con queste parole: "Vorrei che i sacerdoti fossero più assidui alla Chiesa". Questo monito, ben oltre una semplice osservazione, rappresentò un profondo appello alla responsabilità e a una dedizione totale nella vita della comunità. Non si limitava a esprimere giudizi, ma incarnava il vero spirito della missione sacerdotale. Con umiltà e spirito di servizio, il parroco proponeva il cammino del Vangelo, invitando i suoi confratelli a essere testimoni autentici della fede. Per lui, essere "assidui alla Chiesa" significava molto più che una semplice presenza fisica: era vivere quotidianamente la vocazione con tutto il cuore, dedizione incondizionata e zelo instancabile. Nella sua visione, il sacerdote doveva essere ben più di un funzionario del culto: doveva essere un padre spirituale, un pastore che conosce e ama il proprio gregge, un punto di riferimento capace di ascoltare, consolare e guidare con l'esempio. La sua missione era profondamente radicata nella spiritualità del Sacro Cuore di Gesù. La devozione al Sacro Cuore rappresentava per lui il centro pulsante della vita cristiana, un richiamo all’amore misericordioso di Cristo che egli cercava di incarnare quotidianamente. Promosse con fervore la preghiera comunitaria e l'adorazione eucaristica, consapevole che solo attraverso un cuore unito a quello di Cristo la comunità poteva crescere nella fede e nella carità. Come segno di verità e integrità, fu rivestito dell’Insigne Collegiata di San Giovanni Maggiore in Napoli, una delle numerose testimonianze di riconoscimento della sua dedizione. Tuttavia, per Don Francesco Saverio Fusco, le onorificenze e i titoli non erano mai un obiettivo primario. La sua vera onorificenza risiedeva nel servizio quotidiano alla sua comunità, nel curare le anime e nel promuovere i valori cristiani. Per lui, le ricompense celesti erano la vera gratificazione per il suo lavoro di pastore. Un uomo di straordinaria intelligenza spirituale, Don Fusco non si limitò a predicare il Vangelo con parole eloquenti, ma con una vita vissuta quotidianamente in obbedienza a Dio. La sua capacità di ascolto e discernimento lo rese un confessore paziente e un consigliere saggio. Ogni parola che pronunciava era frutto di una profonda unione con Dio, e la sua presenza infondeva serenità nei cuori turbati. Con umiltà e fermezza, Don Francesco Saverio Fusco si fece servo di tutti, incarnando i valori del Buon Pastore, sempre pronto a sacrificarsi per il bene delle sue pecorelle. La sua eredità pastorale non fu solo di parole, ma di fatti concreti: nell’educazione dei giovani, nel servizio ai malati, nell’assistenza ai moribondi, nel soccorso ai poveri e nell’incoraggiamento dei deboli. Don Francesco Saverio Fusco, nella sua umiltà e dedizione, è il testamento vivente di una fede che si esprime nell’amore per Dio e per il prossimo, nell’umile servizio e nella speranza che, come il Signore, anche lui ha amato senza riserve.
Autore: Eduardo Gemminni
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