Francesco Saverio Fusco nacque a Terzigno nel 1809, allora frazione di Ottaviano, da Nicola Fusco, medico chirurgo e da Maria Gaetana Ferrante, Domicella (AV), una famiglia benestante, cattolica praticante che conduceva una vita umile e semplice. Secondo di tre figli, il nome di battesimo attribuitogli in onore del santo, indica già la missione: predicare il Vangelo imitando il Signore Gesù. Dall’infanzia fu educato dai suoi genitori ad amare Dio e il prossimo. Il futuro sacerdote subì certamente l’influenza familiare, dovuta alla professione del padre. Come il medico si prende cura dei malati, così il giovane Francesco Saverio volle intraprendere il cammino di prendersi cura dei poveri, delle persone abbandonate e dei bisognosi. Giovanissimo, entrò nel seminario vescovile di Nola conseguendo il titolo di <Magistro Grammatica>; nel 1833 fu ordinato sacerdote dal vescovo Gennaro Pasca e svolse il suo ministero presso la chiesa dell’Immacolata Concezione di Terzigno con zelo e amore, con l’incarco di <confessore>, collaborando alla cura e formazione religiosa dei ragazzi e delle famiglie attraverso l’insegnamento della catechesi, non tralasciando i bisognosi.
Don Francesco Saverio Fusco fu nominato parroco della “Ecclesia Parrocchia di San Gennaro di Ottajano”, dal vescovo Gennaro Pasca, il 29 marzo del 1840. Nel 1852 venne rivestito dell’“Insigne della Collegiata di San Giovanni Maggiore “in Napoli. Conosciuto come il 'parroco buono', guidò spiritualmente, dal 1840 al 1880, la comunità parrocchiale di “San Gennarello di Ottajano “ insegnando come si ama e si serve il Signore. Seppe diffondere i sentimenti della speranza e della fede, pronto ad offrire, nella sua semplicità e modestia, aiuto spirituale, morale e materiale a chiunque. Il suo ministero fu profondamento segnato dal desiderio di far arrivare il vangelo ai suoi parrocchiani ; si adoperò con zelo nell’istruire i fedeli nel pensiero cristiano, nella catechesi, nella predicazione, nel ricondurre gli erranti sul cammino della salvezza, nell’ascolto al confessionale, nel servizio dei più bisognosi, nell’indirizzare e nel “rinnovare l’uomo nella sequela e nell’ imitazione di Cristo”. Curò l’istruzione pubblica dei ragazzi, con la scuola affidata alla chiesa; si prodigò con impegno amorevole nell’assistenza spirituale delle famiglie sparse nei quartieri della sua parrocchia, istruendo con amore e pazienza gli ignoranti, trattando rettamente la parola della verità e non predicando se stesso, ma Cristo Crocifisso; istituì nelle” ottine” (quartieri) scuole di catechesi per istruire soprattutto i fanciulli nei misteri della fede e nelle testimonianze della religione. Sensibile alla sorte dei suoi “filiani”, cercò sempre di procurare loro tutto il benessere possibile soccorrendo ed offrendo a tutti i “sacramenti necessari” alla salvezza, incitando tutti ad una sana dottrina, privilegiando l’attenzione nel soccorrere i poveri, curare gli infermi, vegliare i morenti, preoccupandosi di non lasciare morire nessuno senza sacramenti, incoraggiando i pusillanimi, educando i giovani, offrendo con la vicinanza e tenerezza aiuto e assistenza spirituale anche nei problemi concreti della vita. In questo senso fu il servo di molti, seguendo ed imitando la vita del Cristo Servo: il pastore è venuto “non per essere servito, ma per servire”.
Fu un parroco, Don Francesco Saverio, che mostrò soprattutto rettitudine, onestà, esemplarità, buona vita, zelo pastorale e dottrinale, di parresia, senso di umorismo,”l’atteggiamento umano più vicino alla grazia di dio”, tutti elementi che esprimono la fede del parroco ispirata alla missione salvifica della Chiesa. Fu un esempio e modello per i fedeli nei discorsi, nella maniera di conversare, nella carità, nella fede, nella castità. L’amore e l’impegno missionario che mostrava nel recarsi tra il popolo della sua parrocchia, ”ottine”, per la cura delle famiglie e la somministrazione dei sacramenti, le opere di carità e di misericordia, fatte con grazia, amore e tenerezza, facendosi carico delle necessità delle persone , testimoniano la sua edificante azione pastorale finalizzata a non imporre, ma a cercare l’essenziale, il necessario. Apprezzato e stimato da tutti, le sue doti umane erano diventate proverbiali, tanto che tutti i sacerdoti del rispettivo clero e l’amministrazione comunale di Ottajano, il 16 marzo 1849, ne attestavano la sua <condotta esemplare ed esempio di moralità che è inattaccabile>.
Sant’Alfonso ci ricorda : “ogni sacerdote, è tenuto ad attendere nel modo che può alla salute delle anime, secondo la loro necessità (..): è come fosse il padre di tutto il mondo, e perciò deve avere cura di tutte le anime, che può aiutare a salvarsi colle sue fatiche”. Don Saverio seppe vivere e soddisfare, con amore e passione, le funzioni del ministero, adempiendo nella piena fedeltà alla Parola di Dio. “Tutto deve essere per Iddio e per i suoi fratelli”. Appena prese possesso della parrocchia, introdusse l’orazione del Sacro Cuore di Gesù, con l’esposizione della <sfera>, ostensorio, attribuendo a questa pratica il carattere di adorazione comunitaria di Gesù - Eucarestia, centro della vita cristiana della comunità e fonte del suo rinnovamento spirituale. Parlare del Cuore di Gesù è parlare dell’amore di Dio per gli uomini; la devozione al Sacro Cuore di Gesù diventa per don Francesco Saverio un impegno pastorale e caritativo, un punto di riferimento della sua azione apostolica e missionaria. Tale devozione fa del parroco Fusco un apostolo dell’amore misericordioso del Cuore di Gesù e rimanda all’imitazione di Cristo, a contemplarne e riprodurne la vita, tanto esteriore quanto interiore, sentimenti, intenzioni, affetti, ad amare come lui ha amato. Non dimentichiamolo, il Signore ci guarda e ci attende sempre con misericordia, ha un cuore misericordioso! 'Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore'.
Il parroco Fusco fece della sua residenza parrocchiale, una sorta di “Studio medico”, una forma di aiuto e di beneficio per i bisognosi e di quanti si trovavano in situazioni di indigenza e di debolezza, di quelli che la Chiesa guarda con amore preferenziale. Un amore operativo e pratico, concreto e visibile, secondo il comando del Signore, come ci ricorda a più riprese la prima lettera di Giovanni: “Non amiamo a parole, né con la lingua, ma con i fatti e la verità”. Approfittando degli incontri col padre Nicola medico chirurgo, Don Francesco Saverio faceva visitare persone che necessitavano di controlli medici. E’ il caso di Rachele Raggio, che qualche popolano osservava con occhio maligno, mentre il vicario foraneo Don Pasquale De Luggo tenne a precisare in maniera chiara, netta e decisa, il motivo di questo incontro : < far osservare >, far visitare dal padre medico, la persona bisognosa di controllo, “e in tutte le volte il parroco mai era presente”. Riferendosi ai malati e in generale ai bisognosi, Gesù ci ricorda: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me». Amore di Dio e amore del prossimo si fondono insieme nel più piccolo incontriamo Gesù stesso e in Gesù incontriamo Dio. L’intera storia della Chiesa è illuminata da splendidi modelli di donazione pastorale veramente radicale; si tratta di una numerosa schiera di santi sacerdoti non necessariamente noti, persone rimaste in “ombra” ai quali, nel loro umile servizio pastorale, possa essere riconosciuta la santità attraverso la generosa ed instancabile dedizione alla cura delle anime, accompagnata da una profonda ascesi e vita interiore. Questi pastori divorati dall’amore di Cristo e dalla conseguente carità pastorale, costituiscono un Vangelo vissuto.
Per far fronte alla negligenza di coloro che avevano la responsabilità educativa dei figli e alle difficoltà della frequenza del catechismo, Don Franceso Saverio Fusco assume l’importante iniziativa di istituire presso i quartieri della sua parrocchia, ottine, la catechesi, affidata a <buone donne> di comprovata fede e moralità, fermo restando il costante ed incessante impegno pastorale in parrocchia. La dimensione pratica -creativa della pastorale catechistica, finalizzata all’insegnamento della religione e allo studio del catechismo, inducono il parroco Fusco ad aprire delle scuole di formazione catechista, con lo scopo di fornire “un’educazione di base, di miglioramento sociale e di risanamento dei costumi nelle periferie”. Queste “scuole “, istituite in case private o in appositi locali, rappresentavano ideologicamente, anche nel funzionamento, l’antica disciplina delle “cappelle seratine”, create dal S. Alfonso Maria de’ Liguori; pur corrispondenti ad uno schema di azione missionaria legate al passato, costituivano espressioni di modelli legati a nuove esigenze ispirate all’evangelizzazione dei quartieri. Amato dal suo popolo si spense il 4 gennaio 1880 all’età di 70 anni. La vicenda umana e spirituale di Don Francesco Saverio Fusco fa parte di quelle storie di ecclesiastici che, pur avendo tentato nell’esercizio del loro ministero di passare alla storia come “persone qualunque”, cioè umili creature al servizio di Dio, si sono rivelate invece autentici “granelli di platino”, che tutti dovrebbero conoscere. Per il suo modus operandi sincero e amorevole, constatato dagli occhi della gente, per gli “atteggiamenti e comportamenti che sono propri di Gesù Cristo Capo e Pastore della Chiesa e che si concretizzano nella carità pastorale”, nel 1939, a sessant’anni circa dalla morte, veniva ancora ricordato come una persona 'molto buona e intelligente'. Il recupero della memoria di questa preziosa figura religiosa, mostra come essa possa essere una testimonianza nel presente e punto di riferimento verso un cammino di crescita umana e spirituale. Il libro della Sapienza attesta che “il giusto è sempre nella memoria”, la morte di un pastore poi è densa di memoria. Dobbiamo allora raccoglierne l’eredità, farne fruttificare i semi e, autenticati dalla sua testimonianza, ricaricati nel nostro itinerario di fede.
Autore: Eduardo Gemminni
|