Camposampiero, Padova, 15 settembre 1997 – Padova, 4 settembre 2012
Denise Cascasi (si pronuncia con l’accento sulla prima “a”) nacque a Camposampiero, in provincia di Padova e diocesi di Treviso, il 15 settembre 1997, ultima di tre figli. Ragazza tenace, umile e generosa, portata per gli studi ma anche per la pallavolo, ebbe una fede sempre più profonda col passare degli anni. Il 25 maggio 2011 le fu diagnosticato un linfoma di Hodgkin: si sottopose a tutte le terapie, finché, nei primi mesi del 2012, non ebbe un crollo fisico. Nel periodo della malattia scrisse molte riflessioni sul senso della vita, sulla preghiera e sulla fiducia in Gesù e nella Madonna, riportandole su fogli volanti, che inseriva tra i suoi quaderni di scuola. Il 3 dicembre 2011 fu pellegrina al santuario di Collevalenza con i genitori e la sorella: si affidò pienamente a Gesù Amore Misericordioso, sia che ottenesse il miracolo della guarigione, sia che non fosse accaduto. Morì il 4 settembre 2012, alle 23.10, nella sua stanza della Clinica di Oncoematologia Pediatrica di Padova. La sua tomba si trova nel cimitero di Pannaconi, frazione di Cessaniti, in provincia di Vibo Valentia.
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I primi anni
Denise Cascasi (si pronuncia con l’accento sulla prima “a”) nacque a Camposampiero, in provincia di Padova e diocesi di Treviso, il 15 settembre 1997, terzogenita di Gaetano Cascasi e Giuseppina Polito. I suoi genitori si erano trasferiti nel 1991 dalla natia Calabria per motivi di lavoro del padre, proprietario di un’azienda del settore edile. La sua nascita era stata molto attesa, in particolare da Chiara, la quale, pur avendo già il fratello maggiore Francesco, desiderava ardentemente una sorella.
Denise fu battezzata il 17 maggio 1998 nella chiesa parrocchiale dei SS. Pietro e Paolo a Camposampiero, presso la quale ricevette anche gli altri Sacramenti dell’Iniziazione Cristiana: la Prima Comunione, il 20 maggio 2007, e la Cresima, il 2 maggio 2009.
Preparandosi a quest’ultima celebrazione, scrisse: «La mia vita è molto ansiosa in questo tempo di preparazione alla Cresima e io sono pronta a ricevere la Confermazione per essere ufficialmente una cristiana».
La scuola e la sorella
Denise era molto portata per gli studi, ma non ne faceva un vanto. Con i ragazzi e le ragazze della sua classe aveva un rapporto buono, tanto che prestava i suoi quaderni a quelli che vedeva in difficoltà, ma confidò alla sorella: «Sai Chiara, le mie compagne di classe mi invidiano, perché anche loro vorrebbero avere un rapporto come quello che c’è tra di noi, ma con le loro sorelle non riescono a instaurarlo».
Effettivamente, era legatissima a Chiara: nonostante gli otto anni di differenza che le separavano, erano l’una la confidente dell’altra. La sorella, col passare del tempo notava che Denise appariva semplice, quasi ingenua rispetto alle coetanee, e contemporaneamente più matura di loro. Lo dimostrava anche se c’era qualche dissenso in famiglia: prima ascoltava e poi, con poche parole, dava il suo contributo.
La passione per la pallavolo come dono di Dio
A questa maturazione aveva contribuito il suo impegno nella pallavolo, sport in cui raggiunse livelli eccellenti. «Per me giocare a pallavolo è come entrare in un mondo fantastico. Non riesco nemmeno a trovare le parole per descrivere le mie emozioni», lasciò scritto.
Grazie alla sua abilità, passò a giocare con ragazze più avanti in età, portando quella squadra a diventare campione provinciale. Nel maggio 2011, durante il Torneo delle Province svolto a Belluno, alcuni selezionatori la notarono.
Nei giorni successivi arrivarono molte proposte, compresa una dalla Trento Volley, che l’avrebbe voluta nel campionato B1, ovvero quello di terza categoria. Lei era incline ad accettare, a patto però che la sorella la seguisse nella stessa società: sperava infatti, un giorno, di giocare con lei in Nazionale.
Accoglieva tutti i suoi successi, di cui erano segno le medaglie e le coppe vinte, con gioia grandissima, però, come per i risultati scolastici, non se ne vantava. Era infatti convinta di ciò che scrisse a un’amica: «Ognuno di noi è bravo in qualcosa. Nella Bibbia c’è scritto che Dio ci ha dato dei talenti e quando scopriamo il nostro dobbiamo coltivarlo». Se anche le compagne di squadra manifestavano risentimento verso di lei, cercava ugualmente il contatto e l’amicizia.
La malattia
Mentre Denise continuava a fare progetti per conto suo o insieme alla sorella, cominciò ad avere i primi sintomi di quello che, il 25 maggio 2011, le venne diagnosticato come un linfoma di Hodgkin. Iniziò la chemioterapia il 2 giugno seguente.
I medici riferirono che aveva il novantacinque per cento di possibilità di guarire: a questa percentuale si aggrapparono i suoi familiari, che di fronte a lei si mostravano sorridenti, ma sentivano una fatica sempre maggiore tra ricoveri, terapie e medicine.
Inizialmente, Denise sembrava rispondere bene, tanto da continuare gli allenamenti con la consueta tenacia. Quattro mesi dopo la diagnosi, però, spiazzò i genitori domandando di poter parlare con loro della sua malattia.
La sua preghiera
Già prima di ammalarsi, Denise aveva imparato la fede, dai suoi cari e al catechismo. La domenica mattina era la prima di casa ad alzarsi per la Messa; ci andava con i genitori anche quando la sorella Chiara diceva di non averne voglia.
Dopo aver ricevuto la diagnosi, non fu mai vista rassegnata, anzi, appariva serena. Ogni sera radunava i familiari attorno a lei e pregava con loro il Rosario, a cui era affezionata sin da piccolissima. Nelle sue intenzioni affidava a Dio i compagni di scuola, quanti conosceva durante le sedute di chemioterapia, ma anche il Papa e i sacerdoti.
Confidò che quando pregava sentiva una pace indescrivibile, quasi come quando giocava a pallavolo. Riteneva infatti che la preghiera fosse una ricchezza a disposizione di tutti, scrivendo: «Come possiamo non essere poveri oggi? Possiamo non essere poveri oggi avendo un dialogo con Gesù, pregando».
Fiduciosa in Gesù
Denise espresse il proprio dialogo col Signore scrivendo su alcuni fogli volanti, inseriti nei suoi quaderni di scuola e senza registrare la data, le proprie riflessioni su quello che la malattia le insegnava. Ad esempio: «Io ho iniziato a curare la mia malattia, a fare la che mio per sopravvivere, e c’è chi alla mia età si droga o intraprende strade sbagliate per poi morire. La vita non bisogna sprecarla».
Le riflessioni poi diventavano preghiera, ad esempio quando scriveva: «Gesù e Maria delle Grazie, vorrei portarvi dei fiori ma non ci riesco. Oggi però vi offro la mia vita. Vi regalo il mio respiro, il mio cuore. Fate quello che voi volete. Però voglio chiedervi in cambio una cosa: salvate i miei compagni di scuola, quelli che bestemmiano. Adesso vi offro la mia vita. Quando starò bene vi porterò i fiori. Vi voglio bene».
Presa per mano da «Maria delle Grazie»
«Maria delle Grazie» era il suo modo di chiamare la Madonna, specialmente dopo che, in un sogno che raccontò alla madre, si era vista come su un tavolo operatorio, attorniata dai medici e dai suoi cari, ma anche con dei raggi luminosi, bianchissimi, che partivano dietro di lei.
Sempre nello stesso sogno, degli stessi raggi appariva circondata anche una signora misteriosa, coi capelli neri, la quale si rivolse ai medici ordinando: «Non tocca a voi, dovete lasciarla stare; io sono Maria delle Grazie».
Alla Vergine si rivolgeva ogni giorno anche nel Rosario recitato in famiglia, in un piccolo cenacolo di preghiera, anche per chiederle, secondo un’altra sua espressione, di essere presa per mano da lei. Meditare sulle apparizioni mariane a Fatima le servì poi per capire come offrire al meglio la propria condizione. Inoltre, nel giardino di casa aveva costruito una piccola grotta di Lourdes: la curava, la adornava con fiori e si fermava a pregare silenziosamente di fronte a essa.
A Collevalenza
Il 3 dicembre 2011, insieme ai genitori e alla sorella, Denise andò in pellegrinaggio al Santuario dell’Amore Misericordioso di Collevalenza. Con un raccoglimento e un’intensità che meravigliarono il padre e la madre, fece il bagno nelle piscine con l’Acqua dell’Amore Misericordioso, affidandosi sia per ottenere la guarigione, sia per accettare il contrario.
In quegli stessi giorni era presente al santuario una statua pellegrina della Madonna di Fatima. Durante una processione, la ragazza si allontanò dai genitori per raggiungere l’immagine, accanto alla quale camminò fino alla fine del percorso.
Nello stesso pellegrinaggio espresse un desiderio: avrebbe voluto attuare un’adozione a distanza. Quando arrivò a casa la foto del bambino adottato, di cinque anni, lei stessa costruì una cornice per metterla dentro e, ponendola nella sua camera da letto, annunciò: «Da oggi, siamo sei in famiglia. Non più cinque e lui è il mio fratellino».
La morte
Quando ormai era chiaro che stava per morire, Denise ottenne di poter vedere per l’ultima volta il mare della Calabria, che tanto amava. Lo desiderava da tanto, specialmente da quando, nel 2011, non aveva potuto tornare, perché impedita dalle terapie.
A gennaio 2012, le cure non si dimostrarono più efficaci. Il 4 settembre dello stesso anno, poco dopo la preghiera della Coroncina della Divina Misericordia, la ragazza entrò in agonia. Morì circa dieci ore dopo, alle 23.10, nella sua camera della Clinica di Oncoematologia Pediatrica di Padova; mancavano undici giorni al suo quindicesimo compleanno. Il suo corpo riposa da allora presso il cimitero di Pannaconi, frazione di Cessaniti, in provincia di Vibo Valentia.
Il ricordo
Gli amici e i familiari di Denise vissero con estremo dolore la sua scomparsa, specialmente i fratelli. IN particolare Chiara, nei sette anni seguenti, passò da un atteggiamento di lotta e di ribellione contro Dio all’accettazione di quanto era accaduto, ma anche per ripensare a quanto aveva ricevuto dalla sorella.
Prima del libro dove lei ha trasfuso delle sue riflessioni e dei suoi ricordi, «La partita della vita», pubblicato da Edizioni Il Faro nel 2020, i familiari avevano dato alle stampe le riflessioni spirituali di Denise, raccolte nell’opuscolo «Il mio segreto: ho incontrato Gesù», ormai esaurito.
Infine, ogni anno, a Padova, si svolge il Torneo Primavera di pallavolo intitolato a lei; la finale si svolge nella palestra dove abitualmente si allenava.
Autore: Emilia Flocchini
Note:
Per informazioni: https://www.instagram.com/denisecascasi/
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