I primi anni
Santiago Aparicio López nacque il 24 settembre 1913 a Revilla de Collazos, presso Palencia, figlio di Misael e María. Fu battezzato d’urgenza; le cerimonie furono completate il 28 settembre, quattro giorni dopo la nascita. Il 19 settembre 1918 ricevette la Cresima al suo paese, per mano di monsignor Ramón Barberá y Boada, vescovo di Palencia.
Un giovane domenicano attento ed entusiasta
Ricevette l’abito domenicano, entrando nell’Ordine, il 29 settembre 1929. Professò i voti il 30 settembre 1930. Nell’anno scolastico 1930-1931 cominciò gli studi di materie letterarie, che precedevano quelli di filosofia.
Durante una sua breve permanenza nel convento di Scala Coeli a Cordova, venne a conoscenza del problema della disoccupazione operaia in Andalusia, come scrisse ai suoi familiari. Raccontò anche che nei cosiddetti eremi di Cordova, dove vivevano tre confratelli eremiti, a volte arrivavano fino a ottanta operai disoccupati in cerca di cibo.
Commentò poi le celebrazioni organizzate per il primo anniversario della canonizzazione di sant’Alberto Magno, nelle quali predicò padre Luis Urbano Lanaspa (beatificato nel 2001): «Si dice che sia il miglior predicatore di Spagna, e quanti lo dicono hanno ragione. Vi dirò solo che lo fece meravigliosamente. Non si può spiegare nulla. Era necessario farlo come lo fece lui».
La professione solenne e il suddiaconato
Nell’anno scolastico 1934-1935 cominciò ad affrontare la Teologia morale, quindi compì la professione solenne, il 7 ottobre 1934. Lui stesso la raccontò ai familiari con queste parole: «Ieri sera, dopo i Vespri e nelle mani del Reverendissimo Padre Generale Martin Estanislao Gillet, 79° successore del Nostro Padre San Domenico ho compiuto la mia professione solenne. Da quel momento sono stato unito definitivamente all’Ordine. Non voglio farvi nessuna predica, però se comprendeste la gioia che si sperimenta in questi momenti, anche se si promette di essere obbedienti e di sacrificarsi fino alla morte! […]. Però sono molto contento, molto contento. Vi direi alcune cose che provo, ma non mi azzardo, perché qualcuno direbbe che sto facendo lo scemo e altri… che non so cosa dico».
Fu ordinato suddiacono il 6 giugno 1936.
I Domenicani di Almagro all’inizio della guerra civile spagnola
All’inizio del luglio 1936, la metà dei membri della comunità del convento domenicano della Madonna del Rosario di Almagro, in diocesi di Ciudad Real, era in vacanza presso altri conventi. Rimanevano quindi alcuni religiosi studenti, fratelli cooperatori (religiosi non sacerdoti) e padri.
Il 21 luglio, tre giorni dopo la rivolta militare che aveva dato inizio alla guerra civile spagnola, svariati membri dell’Ateneo Libertario diedero fuoco alla chiesa della Madre di Dio. Molti frati, che avevano assistito all’incendio dall’interno del convento, corsero a cercare di spegnerlo, ma gli aggressori li cacciarono via con disprezzo. Il sindaco, Daniel García Pozo, andò a trovarli per proporre loro di uscire dalla città. Durante la notte, il convento fu perquisito, in cerca di armi.
L’evacuazione forzata
Il giorno dopo, i frati si radunarono per prendere un caffè in onore di santa Maria Maddalena, patrona del loro Ordine. Erano ormai consapevoli di essere in mezzo a un’autentica persecuzione, mirata contro sacerdoti e religiosi.
Lo stesso giorno si presentarono alcuni estremisti a domandare quanti fossero e dove si trovassero gli assenti. Di fronte al comportamento dei frati, li minacciarono: avrebbero incendiato il convento, durante quella stessa notte, con loro dentro.
Dal canto suo, il sindaco cercava di fare in modo che la loro uccisione avvenisse al di fuori del territorio che cadeva sotto la sua giurisdizione. Continuò quindi a presentarsi al convento, insistendo affinché se ne andassero, dichiarandosi disposto anche a offrire dei salvacondotti per farli uscire dalla città.
Il 24 luglio, ormai spazientito, intimò ai frati di abbandonare il convento. Padre Ángel Marina Álvarez, il Priore in carica, riunì la comunità rimasta e, tra la commozione di tutti, distribuì le Sacre Specie per sottrarle al rischio di profanazioni.
L’evacuazione iniziò il giorno seguente. La maggior parte dei frati trovò rifugio in case private: questo fatto non era gradito ai membri dell’Ateneo Libertario, che così li avrebbero potuti controllare con meno facilità.
Per tale ragione, il sindaco ordinò che venissero radunati in una casa disabitata, che si trovava di fronte alle rovine della chiesa della Madre di Dio. Obbligò poi padre Natalio Camazón Junquera a consegnargli i libri del convento.
Il tempo della prigionia
Appena sistematisi nella casa, i frati si organizzarono per potersi procurare da mangiare. Dato che il convento era nei pressi, ogni giorno i due fratelli cooperatori incaricati della cucina, fra Arsenio de la Viuda Solla e fra Matteo de Prado Fernández, vi rientravano per cucinare e portare i pasti agli altri.
Intanto, dall’esterno non arrivavano notizie totalmente buone: i frati le venivano a sapere perché i carcerieri davano loro i giornali, maltrattandoli e usando contro di loro parole sacrileghe e insulti.
Il martirio ad Alcázar de San Juan, a Miguelturra e ad Almagro
Il 21 luglio, fra Antolín Martínez-Santos Ysern, novizio, ricevette un salvacondotto falso per poter tornare alla casa paterna. Venne però imprigionato a Manzanares, poi di nuovo ad Alcázar de San Juan, dove fu incarcerato con altri religiosi francescani e trinitari. Venne ucciso verso l’una del mattino del 27 luglio.
Il 30 luglio, il sindaco consegnò agli altri prigionieri dei salvacondotti, cosicché potessero andare via dal villaggio di nascosto. Tuttavia, i membri dell’Ateneo non rimasero inattivi: fecero arrestare fra Justo Vicente Martínez, fra Matteo de Prado Fernández e padre José Garrido Francés, destinati a Ciudad Real, appena furono giunti alla stazione di Miguelturra, I frati vennero fatti scendere dal treno, collocati sui binari a distanza di tiro e, infine, fucilati.
I frati rimasti ad Almagro, nella notte tra il 13 e il 14 agosto, vennero invece portati via da un gruppo di armati e condotti poco fuori dal centro abitato per essere fucilati. Tra di essi c’era fra Francisco Santos Cadierno, compagno di vestizione e di professione di fra Santiago.
Il martirio a Manzanares
Una scena analoga a quella di Miguelturra si era intanto ripetuta alla stazione di Manzanares. Il 3 agosto 1936, fra Santiago e due giovani confratelli, fra Paulino Reoyo García e fra Ricardo Manuel López y López, che avevano condiviso con lui l’ingresso nell’Ordine, la professione temporanea e quella solenne (fra Paulino era anche suo compagno di suddiaconato), erano da poco partiti da Almagro, anche loro muniti di salvacondotti, quando vennero catturati da uno dei controllori ferroviari di Madrid.
Vennero condotti al carcere di Manzanares e rinchiusi in una cella insalubre e priva di luce. Cinque giorni dopo, vennero condotti al cimitero e fucilati contro il muro di cinta. I familiari che raccolsero per tempo i dati sulla loro uccisione affermarono che i tre frati furono castrati da una donna. Fra Santiago aveva ventidue anni. Non fu possibile identificare i suoi resti mortali.
La prima fase della causa di beatificazione e canonizzazione
I frati di Almagro, negli anni seguenti, furono circondati da continua fama di martirio. L’inchiesta diocesana della causa intestata a padre Ángel Marina Álvarez e diciannove compagni si svolse nella diocesi di Ciudad Real dal 1995 al 1999; gli atti dell’inchiesta furono convalidati il 23 giugno 2000.
La “Positio super martyrio”, consegnata nel 2013, venne esaminata anzitutto dai Consultori Storici, il 10 giugno 2014. La discussione sull’effettivo martirio invece iniziò con il Congresso Peculiare dei Consultori Teologi, i quali, il 23 ottobre 2018, si pronunciarono a favore. Anche i cardinali e i vescovi membri della Congregazione delle Cause dei Santi, il 10 dicembre 2019, confermarono che l’uccisione dei frati era avvenuta a causa della loro fedeltà alla Chiesa.
Il decreto sul martirio e la beatificazione
L’11 dicembre 2019, ricevendo in udienza il cardinal Giovanni Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, papa Francesco autorizzò il decreto sul martirio.
Prima della beatificazione, il 2 giugno 2022, i resti mortali della maggior parte dei martiri, custoditi nella chiesa del convento dell’Assunzione di Calatrava de Almagro (che i Domenicani hanno lasciato nel 2017), sono stati sottoposti a ricognizione canonica, quindi traslati nella chiesa di San Tommaso d’Aquino a Siviglia.
La beatificazione di padre Ángel Marina Álvarez e compagni si svolse il 18 giugno 2022, nella cattedrale di Siviglia, nella Messa presieduta dal cardinal Marcello Semeraro, Prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, come inviato del Santo Padre.
Nella stessa celebrazione furono elevati agli onori degli altari anche cinque Domenicani di Almería, nella cui causa era compreso un Terziario domenicano, e suor Ascensione di San Giuseppe, Domenicana contemplativa.
La memoria liturgica dei ventisette domenicani fu fissata al 6 novembre, giorno in cui le diocesi spagnole ricordano i loro Martiri del XX secolo.
Autore: Emilia Flocchini
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