Campobasso, 15 agosto 1922 - 13 aprile 1989
Religioso professo dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi; fu un uomo di speranza perché si affidò al Signore in ogni circostanza, soprattutto nelle prove più ardue. Visse la sua malattia sempre confidando in Dio, tendendo verso la vita eterna con determinazione. Disse: “Lavorare è bene, pregare ancora meglio, ma soffrire in unione a Gesù è tutto”. Papa Francesco l'ha dichiarato Venerabile il 18 febbraio 2022.
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Il Venerabile Servo di Dio Immacolato Giuseppe di Gesù (al secolo: Aldo Brienza) nacque il 15 agosto 1922 a Campobasso (Italia). Mentre frequentava l’Istituto Tecnico Superiore, all’età di sedici anni, iniziò ad avvertire dolori intensi accompagnati da febbre altissima. Gli venne diagnosticata l’osteomielite deformante degli arti, che lo costrinse a rimanere allettato fino alla morte.
Il 25 marzo 1943 entrò nell’Ordine Secolare del Carmelo, offrendosi come vittima per la santificazione dei sacerdoti. Sentendo fortemente la vocazione carmelitana, con speciale privilegio, la Santa Sede, il 2 marzo 1948, gli concesse di emettere la professione solenne dei voti religiosi nell’Ordine Carmelitano Scalzo. Ciò avvenne l’11 maggio 1948.
Vivendo in famiglia, riceveva costantemente visite da confratelli e fedeli, molti dei quali chiedevano consigli spirituali. Visse un apostolato straordinario, svolto totalmente dal letto, nella preghiera e nell’offerta costante delle sofferenze al Signore. Inoltre, mantenne una corrispondenza epistolare con molti fratelli e sorelle dell’Ordine Carmelitano. A tutti ripeteva il suo motto spirituale: “Lavorare è bene, pregare ancora meglio, ma soffrire in unione a Gesù è tutto”.
Morì a Campobasso (Italia) il 13 aprile 1989, all’età di 67 anni.
Il Venerabile Servo di Dio svolse un intenso apostolato dal letto della sua casa. Non essendo in condizioni di muoversi, riceveva persone bisognose di riferimenti nel loro cammino spirituale. I suoi insegnamenti erano molto solidi. La sua forza fu la preghiera. Da buon carmelitano fece dell’orazione il punto forte della propria esistenza. La sua è una spiritualità eucaristica e mariana, corredata anche dall’apprendimento dell’esperienza dei Santi, in particolare di quelli Carmelitani.
Sperimentò le fasi di aridità descritte da San Giovanni della Croce, mantenendo sempre il suo abbandono in Dio.
Fu un uomo di speranza perché si affidò al Signore in ogni circostanza, soprattutto nelle prove più ardue. Visse la sua malattia sempre confidando in Dio, tendendo verso la vita eterna con determinazione.
Amò Dio e il prossimo sopra ogni altra realtà e, avendo l’impressione di non farlo abbastanza, cercava di migliorarsi senza sosta.
L’offerta del dolore a Dio a favore dei fratelli rappresentò l’elemento centrale della sua carità verso il prossimo. Si offrì vittima per i sacerdoti e per quanti hanno necessità di ogni genere, realizzando, in modo sempre più pieno, la donazione di sé. Sostenne le missioni della Chiesa e del Carmelo con il denaro ricevuto dalla famiglia, rivelando una splendida passione per le attività apostoliche della comunità cristiana.
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