La spiritualità, il metodo educativo, la carità, la santità di don Bosco, è dilagata nelle Istituzioni da lui fondate, la Società di S. Francesco di Sales (Salesiani), le Figlie di Maria Ausiliatrice, i Cooperatori Salesiani; da questo robusto ceppo sono nate a 100 anni dalla sua morte, ben 24 Congregazione religiose, rifacentesi alla sua corrente di spiritualità e diffuse in 102 Nazioni.
Sin dai primi tempi ci furono figure sante, che aderirono alla nascente Famiglia Salesiana, sia come consacrati, sia come collaboratori esterni; tanto da creare una “scuola di santità piemontese salesiana”, che in poco più di un secolo conta 88 tra santi e beati, e la cui spiritualità era: Eucaristia e Riconciliazione; pregare e fare; equilibrio pratico; lavoro e temperanza; serenità e allegria.
La grande Famiglia Salesiana conta al 1° luglio 2005, ben 5 santi, 50 beati, 8 venerabili e 87 servi di Dio. A loro bisogna aggiungere la numerosa schiera di sacerdoti educatori, missionari, suore, cooperatori, allievi, che hanno condotto una vita esemplare densamente spirituale e dedicata interamente agli altri, il cui ricordo è rimasto indelebilmente impresso nella storia della Chiesa, delle Diocesi locali, della Famiglia Salesiana, delle Nazioni che hanno visto e usufruito della loro opera apostolica e sociale.
E in questa grande schiera, nel numeroso gruppo dei missionari salesiani, vi è il padre Domenico Milanesio, il quale nacque il 3 agosto 1843 a Settimo Torinese (TO), cittadina del Piemonte, situata a 207 m. d’altezza, presso la sponda sinistra del Po, nella cintura industriale di Torino.
Figlio di Simone Milanesio e Maria Vivaldi, fu battezzato nella chiesa parrocchiale di S. Pietro in Vincoli (dell’XI secolo ma rifatta in epoca barocca), con il nome di Domenico Ignazio.
Lavorò sin dall’adolescenza fra i muratori, buon lavoratore era di carattere gioviale e sembra che abbia conosciuto s. Giovanni Bosco, lavorando alla costruzione dell’erigenda Basilica di Maria Ausiliatrice.
Nel 1866 a 23 anni, venne accolto dal santo tra i Salesiani; per le sue doti ebbe l’incarico di maestro di musica e poi fu destinato al Collegio di Alassio in Liguria, per gli studi superiori.
Fu ordinato sacerdote a 31 anni, la vigilia di Natale del 1874 dal vescovo di Alberga e dopo pochi mesi fu nominato direttore dell’Oratorio festivo.
Intanto la Congregazione Salesiana in quegli anni, si avviava speranzosa e zelante nell’attività missionaria; e già nel 1875 la prima spedizione di missionari, partì per la Patagonia, sotto la guida del 37enne don Giovanni Cagliero (1838-1926), compaesano di don Bosco, a cui fece seguito una seconda partenza nel 1876.
Con la terza spedizione del 1878, partì anche don Domenico Milanesio; il 9 novembre fu ricevuto in udienza da papa Leone XIII, poi partì per Buenos Ayres in Argentina e come già fatto in precedenza da don Cagliero, prese ad interessarsi degli emigranti italiani della città, fissando la sua residenza a Boca, un quartiere per niente cattolico.
La sua opera apostolica fece fiorire l’Oratorio e le attività connesse, attraendo la popolazione del luogo e suscitando contrasti da parte dei protestanti e della Massoneria; al punto che fu gravemente ferito in un attentato e colpito con pugno di ferro.
Ma il suo desiderio era di andare nelle Missioni della Patagonia, dove svolgeva il suo apostolato don Giovanni Cagliero, che nel 1884 diverrà vescovo e Vicario apostolico della regione.
(La Patagonia è chiusa al nord dal Rio Colorado e a sud dallo Stretto di Magellano, ad ovest dalla catena delle Ande, con coste frastagliate, ricche di fiordi, isole e scogli sull’Oceano Pacifico; la parte litoranea del Pacifico appartiene al Cile, tutto il resto all’Argentina).
Don Bosco accolse le sue aspirazioni e nell’ottobre 1880 don Domenico Milanesio, giunse a Carmen de Patagones nel Rio Negro.
Insieme a mons. Fagnano si stabilì nella parrocchia di Viedma, che comprendeva un territorio vastissimo di centinaia di km; nei 35 anni della sua permanenza in Sudamerica, percorse a cavallo circa 80.000 km per le sue escursioni apostoliche.
La sua attività fu molteplice e non mancarono i pericoli, come guadare fiumi vorticosi e pericolose cadute da cavallo; assisté le oltre 54.000 famiglie di emigranti italiani che a fine secolo XIX, erano già presenti nella Repubblica Argentina; fece da importante mediatore fra la popolazione della Patagonia e l’esercito della Repubblica Argentina che erano in guerra tra loro.
La pace che ne derivò, fece dare il grado di colonnello dell’esercito argentino al Gran Cacico della Patagonia, Namuncurà; il cui figlio Zeffirino Namuncurà (1886-1905), oggi Beato, fu battezzato da don Milanesio e allievo salesiano, morì a 19 anni a Frascati, dove era stato condotto dall’arcivescovo Cagliero, per cercare di guarirlo dalla tubercolosi.
Don Domenico Milanesio fu denominato “Padre degli Indi”, battezzò oltre 12.000 indigeni della Patagonia; famose furono le sue predicazioni ai carcerati e le missioni al popolo.
Nel 1892 fu chiamato a Genova, dove collaborando con il vescovo Cagliero, preparò l’esposizione del quarto centenario della scoperta dell’America. Il 20 di agosto del 1892, riuscì a tornare per una visita a settimo Torinese, che accolse quel suo figlio missionario con solennità, gratitudine e partecipazione di tutti i cittadini.
Nello stesso 1892 ritornò in Patagonia a riprendere la sua missione; nel 1899 fu impegnato a soccorrere la popolazione, colpita da una disastrosa inondazione.
In Italia tornò ancora nel 1902 per tenere un ciclo di conferenze, sulla cultura, religione, usi e costumi della Patagonia; nel contempo cercò aiuti e contributi per quelle missioni salesiane, recandosi in Piemonte, Spagna e Messico.
Grande collaboratore del vescovo Cagliero, continuò da solo a lavorare in Patagonia dopo la partenza definitiva del vescovo per l’Italia, dove nel 1915 papa Benedetto XV lo creò cardinale a 77 anni.
Ormai ultra settantenne, si ritirò nel Collegio S. Carlo di Buenos Ayres, continuando a dare esempio di integerrima vita sacerdotale; non dimenticò mai i suoi cari Indi, invocando per loro una legislazione speciale da parte del Governo dell’Argentina.
Pubblicò una ricca raccolta di parole dell’antico idioma “Mapuche” con significato e note storiche. Difese presso il governo della Repubblica, l’immigrazione italiana, magnificandone l’aspetto morale, artistico e lavorativo.
Morì a Bernal, Buenos Ayres il 19 novembre 1922 a 79 anni, dei quali 44 come missionario; il suo Comune d’origine, Settimo Torinese il 26 febbraio 1976, deliberò la dedicazione di una strada al suo appassionato figlio missionario don Domenico Milanesio, degno seguace di s. Giovanni Bosco.
Autore: Antonio Borrelli
|