Secondo una tradizione agiografica, fissata nelle sue grandi linee solo tra il secolo XV ed il secolo XVI ma poi comunemente accolta, fu uno dei sette fondatori dell'Ordine dei servi di Maria. Della famiglia fiorentina dei Manetti, decise nell'anno 1233 con altri sei concittadini, che come lui esercitavano la mercatura, di abbandonare la famiglia e gli affari per dedicarsi nella povertà alla vita contemplativa, ritirandosi prima in una casa fuori porta della Balla, nei pressi del convento dei minori, più tardi nella solitudine del Monte Senario, e dando inizio al nuovo Ordine, caratterizzato da istanze ererrátiche secondo l'osservanza della regola di S. Agostino, ma anche contraddistinto da una spiccata devozione mariana. Ne divenne intorno al 1255 il primo priore generale eletto canonicamente, e ne approvò, durante il suo non lungo governo, le prime costituzioni.
In realtà scarsissima è la documentazione per la prima storia dell'Ordine toscano e pressoché inesistente quella relativa alle persone e all'opera dei fondatori. L'unico testo agiografico, già tardo (nella prima redazione non molto posteriore al 1317), ci è giunto oltretutto in un successivo rimaneggiamento, tendente ad isolare quella che era la parte iniziale di una Legenda beati Philippi, ora perduta, in modo da ottenerne un racconto sugli inizi dell'Ordine, la Legenda de origine Ordinis fratrum Servorum: con risultati - nonostante il richiamo alla testimonianza proprio di uno dei sette, frate Alessio - assai poveri di notizie storiche, del tutto assorbite in un contesto diffuso di considerazioni spirituali e ascetiche. Uno dei pochi riferimenti concreti, proprio l'elenco dei fondatori, risulta interrotto nell'unico codice che tramanda la Legenda de origine, della fine del sec. XIV-inizi del XV, lacunoso appunto nel passo relativo a questo elenco, annunciato in una proposizione iniziata, ma poi non continuata e depennata (Legenda de origine, p. 83, n. 28: "Nomina vero sotiorum sex fratris Alexii cum eo nostrum..."). Considerazioni stilistiche non fanno pensare tanto a una lacuna nel modello, eliminata coll'espunzione della frase incompiuta, quanto piuttosto al proposito dello stesso trascrittore di completare con un preciso elenco di nomi i vaghi suggerimenti della fonte, contenta del simbolismo del numero: progetto poi non realizzato proprio per la concreta difficoltà di formulare quell'elenco. Di fatto anche i più tardi rifacimenti umanistici della Legenda (si veda ad esempio il Libellus de origine ordinis et mores beati Philippi di Taddeo Adimari) non conoscono elenco alcuno dei fondatori né tradiscono traccia della presunta lacuna. Il primo a fornire, attorno al 1470, un elenco completo e insieme una - seppur breve - compiuta notizia biografica di ognuno dei sette, è Paolo Attavanti, che lo presenta nel corso del suo Dialogus de origine ordinis Servorum ad Petrum Cosmae; tuttavia fin dalle prime battute troppo scopertamente preoccupato di assicurare credito alle sue rivelazioni, per non destare sospetti. Quanto del resto fosse inconsistente la tradizione agiografica relativa al gruppo dei fondatori lo dimostra il fatto che da un lato quel primo elenco non ebbe seguito alcuno, mentre d'altra parte, tra la fine del secolo XV e l'inizio del secolo seguente, i vari elenchi si moltiplicano con scelte che palesemente rivelano la loro origine, derivate come appaiono dalla diversa combinazione dei pochi nomi in qualche modo reperibili nelle assai scarse fonti, agiografiche e documentarie, della prima storia dell'Ordine. L'elenco destinato a imporsi, il più recente e il solo che comprende anche Bonagiunta, ebbe sugli altri il vantaggio d'essere stato accolto dal primo storico dei servi di Maria, Michele Poccianti, e quindi divulgato da una falsificazione della fine del secolo XVII, il Giornale e ricordi di Niccolò di Pistoia, attribuito all'anno 1385 e messo in circolazione quando si cominciò a pensare di ottenere l'approvazione del culto dei fondatori.
Se pertanto nessun vero indizio testimonia dell'appartenenza di Bonagiunta al gruppo di quelli che si dissero poi i sette fondatori dei servi di Maria (ma è anche opportuno chiederci se sia lecito individuare così il gruppo degli iniziatori, che tanto scarsa risonanza di sé hanno lasciato nella più antica storiografia, e nessun ricordo fino alla riscoperta, di cui si è parlato, nel culto), rimane tuttavia effettivamente documentata la sua appartenenza alla comunità primitiva, da quando almeno iniziano le testimonianze per noi; e inoltre la sua attività come priore generale dell'Ordine, in un momento decisivo per il consolidamento della recente fondazione.
Il suo nome compare la prima volta, e non in posizione di rilievo, nell'elenco dei frati di Monte Senario che, raccolti a capitolo nel loro convento fiorentino di Cafaggio, emettono il 7 ottobre 1251 il voto di povertà nelle mani del priore Bonfiglio (Chartularium, pp. 212-14, con data errata 1255). Il 12 marzo 1257 egli è invece ormai ricordato corne priore generale dell'Ordine e come tale interviene in un atto di vendita a favore del convento di Cafaggio (Chartularium, pp. 232 s.). Documenta, peraltro, già le sue funzioni di capo dell'Ordine la precedente menzione in una vendita del 16 febbraio 1256 per lo stesso convento, nonostante la particolare formulazione che si spiega con la circostanza che Cafaggio era divenuto la abituale residenza del priore generale (Chartularium, pp. 223 s.: "fratri Bonaiunte priori fratrum de Cafadio, qui dicuntur Servi Sancte Marie, recipienti vice et nomine domini pape ac fratrum"). Un altro documento infine, relativo alla fondazione del convento di Lucca, che conosciamo soltanto attraverso regesti settecenteschi, consentirebbe di anticipare ancora al 1254 la sua attività come priore generale, se potessimo essere rassicurati e sulla natura dell'intervento di Bonagiunta in quell'atto e sulla data del documento (cfr. Chartularium, p. 200, ma anche p. 237). Meglio precisabile invece il termine finale del suo governo: il 5 settembre 1257 risulta infatti già eletto, e proprio in quei giorni, il successore, Giacomo di Poggibonsi. Il governo di Bonagiunta, che fu quindi, pur nell'incertezza dei suoi limiti cronologici, comunque assai breve, non poteva lasciare troppe tracce di sé: difatti Bonagiunta è l'unico tra i primi generali poi compresi nell'elenco vulgato dei fondatori (gli altri sono Bonfiglio e Manetto) a non aver goduto inizialmente di un qualche culto. Non si conosce pertanto la sua data di morte, non meritando alcun credito la notizia del 31 agosto offerta dalla solite fonti tardive.
Autore: Raffaele Volpini
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