† 614
Nel VI secolo, in Francia, un giovane allegro e pieno di vita, ma arrogante e sprezzante del pericolo, fa disperare sua madre, che vorrebbe vederlo più tranquillo. Un giorno, dopo anni di preghiere, la madre riesce a convincerlo a cambiare condotta: si pente dei suoi errori, si converte al cristianesimo e intraprende la carriera ecclesiastica. Diventa vescovo e si distingue per il suo impegno a favore dei contadini e la sua devozione al Signore. Muore nel 614 e viene proclamato santo.
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San Leodevaldo (Léodowald, Leudeuald o Leodovaldus) è stato un vescovo di Avranches vissuto tra il VI e VII secolo, ricordato come instancabile confessore.
Nella lista dei vescovi risulta al settimo (in alcuni casi all’ottavo) posto dopo san Sinerio (o Senario) e prima di Ildoaldo (o Childolado).
Anche se alcuni manoscritti del XII secolo contengono un catalogo episcopale della diocesi di Avranches, molto deficitario e impreciso sui vescovi prima della fine del X secolo, secondo il Duchesne, San Leodevaldo è menzionato da Gregorio di Tours nel testo Virtutes Martini II.
Della sua nascita e sul suo episcopato sappiamo ben poco. La tradizione vuole che condusse una vita scapestrata durante la sua giovinezza, tanto che i suoi eccessi spaventavano le brave persone. Ad un certo punto della sua vita cambiò completamente il suo comportamento, si fece sacerdote e divenne vescovo.
Sempre la tradizione vuole che sia proverbiale la sua devozione a San Martino, il cui culto si diffuse in tutta la Normandia, a cui volle dedicare ben 31 chiese.
San Leodevaldo, menzionato dopo il 576, in alcuni casi si indica l’anno della sua morte nel 630, in altri più accreditati nel 614.
La festa per san Leodevaldo, in alcuni martirologi è stata fissata nel giorno 4 marzo.
Autore: Mauro Bonato
Il tempo passa, cambiano le mode e la tecnologia fa passi da gigante. Ma l’apprensione delle mamme e la disobbedienza dei figli rimangono uguali. Siamo nel VI secolo, al tempo dei Franchi. Ad Avranches, un paese vicino al celebre isolotto della Francia settentrionale Mont-Saint-Michel (dove sorge il santuario dedicato all’Arcangelo San Michele), un giovanotto allegro e pieno di vita si diverte tutto il giorno, assieme ai suoi amici. Leodevaldo (questo è il suo nome) fa disperare sua mamma che, invece, lo vorrebbe più tranquillo. Leodevaldo è arrogante, superbo, sfrontato, sprezzante del pericolo. Come tanti altri ragazzi, esce la sera e rientra a tarda notte; frequenta le osterie e le feste danzanti dove spesso esagera nel bere; a volte ci scappa anche la rissa. Quante volte si è messo nei pasticci mentre con i compagni va a caccia di avventure! E quante volte la povera mamma, in ansia, lo esorta a cambiare condotta con raccomandazioni che lo spavaldo Leodevaldo non ascolta mai!
La mamma del giovanotto, donna di fede, prega tutti i giorni perché spera che il figlio metta la testa a posto, ma le sue preghiere sembrano non essere ascoltate da Dio. Finalmente, un giorno, dopo tanto aspettare, le implorazioni della mamma si avverano. Leodevaldo comincia a riflettere sul suo comportamento e si rende conto di aver commesso degli errori. Si pente, chiede perdono alla madre e promette di diventare un’altra persona. Il giovane si converte a tal punto da prendere una decisione radicale: vestire l’abito talare. Il suo impegno a favore dei contadini e la sua fervida devozione al Signore vengono premiati, addirittura con la nomina a vescovo.
Leodevaldo muore nel 614 e viene proclamato santo. La sua vita dimostra come la ribellione dei giovani e la preoccupazione delle mamme siano sempre esistite. Dimostra anche che le preghiere quotidiane rivolte al Signore vengono, alla fine, ascoltate, producendo cambiamenti stupefacenti nella condotta di taluni giovani. Essi da scapestrati si trasformano in persone sagge, buone, umili, prudenti, laboriose, rispettose dell’autorità genitoriale, dimostrandosi “grandi uomini” e “grandi donne”, capaci di costruire “grandi cose” per il bene dell’umanità, sia nel mondo di ieri come in quello dei giorni nostri.
Autore: Mariella Lentini
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