Chiusdino, Siena, 1150 (?) - Monte Siepi, Siena, 30 novembre 1181
La vita di Galgano Guidotti ricorda i romanzi cavallereschi medievali. Donnaiolo e violento, come tutti gli uomini del suo rango, il senese, nato intorno al 1148, a 30 anni ha un sogno. Sul monte Siepi l'arcangelo Michele lo presenta ai 12 apostoli riuniti in una casa rotonda. Si va a stabilire sull'altura, vi pianta la spada e vive da eremita fino alla morte, nel 1181. Papa Lucio III lo proclama santo nel 1185, dopo la prima "causa canonica" di cui si ha notizia nella storia, condotta dal cardinale Conrad di Wittelsbach. Sul luogo del romitaggio sorgono una chiesa rotonda e un'abbazia cistercense.
Martirologio Romano: Presso il monte Siepi in Toscana, san Galgano Guidotti, eremita, che, convertitosi a Dio dopo una gioventù dissipata, passò il resto della sua vita in una volontaria mortificazione del corpo.
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Galgano nacque a Chiusdino (attualmente in provincia di Siena), in un anno incerto collocabile intorno al 1150, da una famiglia di ceto elevato, legata da rapporti di vassallaggio ai vescovi di Volterra, signori feudali del luogo; conosciamo con certezza il nome della madre, Dionisia, mentre quello del padre, Guido o Guidotto, appare per la prima volta in una biografia del santo datata però alla prima metà del XIV secolo. In ragione di questo nome, al santo è stato attribuito il cognome “Guidotti”.
Sugli anni della fanciullezza e dell’adolescenza di Galgano o sulla sua educazione e formazione, non sappiamo niente.
È certo che Galgano sia stato cavaliere: l’accesso alla cavalleria fu la naturale conseguenza della sua appartenenza ad una famiglia che esercitava per tradizione la funzione ufficiale di tutela dell’ordine costituito, la mano armata del vescovo di Volterra per la protezione del paese e del distretto di Chiusdino. Il giovane crebbe superbo, prepotente e dissoluto ma la morte del padre produsse un cambiamento nella sua vita; la conversione fu sostenuta anche da due forti esperienze mistiche: innanzitutto l’arcangelo Michele, patrono di Chiusdino, apparso in sogno al giovane lo avrebbe convinto ad arruolarsi nella “milizia celeste”; sette giorni dopo, ancora in sogno, l’arcangelo lo avrebbe accompagnato in un tempio rotondo al cospetto della Madonna e dei Dodici Apostoli e lo avrebbe invitato a costruire una chiesa secondo quel modello.
Mosso dal desiderio di dar concretezza a questo invito celeste, Galgano dovette tuttavia affrontare l’opposizione della madre, che tentò di fidanzarlo con una fanciulla di Civitella, un castello della Maremma toscana, alla quale, a partire dalla seconda metà del XVI secolo, è attribuito il nome di Polissena.
Fu proprio recandosi a Civitella, forse per conoscere la promessa sposa, che Galgano, alla vigilia di Natale del 1180, ebbe una nuova esperienza mistica. Sulla strada per la Maremma il cavallo di Galgano improvvisamente si fermò; nonostante che il giovane lo spronasse per farlo andare avanti, non riuscì a farlo muovere. Galgano ritornò allora sui suoi passi, verso una vicina pieve in cui pernottò. Il giorno seguente – solennità del Natale – come giunse al medesimo luogo, poiché di nuovo il cavallo si arrestò, il giovane lasciò le briglie e pregò devotamente il Signore perché lo conducesse al luogo in cui avrebbe trovato la sua pace spirituale. Il cavallo allora si avviò verso la vicina collina di Montesiepi, dove si fermò.
Giunto sulla collina Galgano conficcò il suo spadone di cavaliere nel terreno, un gesto che per i cavalieri del Medio Evo aveva un alto significato spirituale: la spada capovolta ricordava la croce: Galgano quindi non sembra rifiutare la “militia saeculi”, ma superarla, trascenderla; non rinuncia alla spada ma la pone al servizio di una cavalleria diversa da quella vissuta fino ad allora: il cavaliere Galgano, in un certo senso, arruolò se stesso nella milizia di un signore più grande di quello terreno: Gesù Cristo.
L’esempio di Galgano trascinò altre persone e, come molte altre esperienze eremitiche, anche questa costituì l'inizio della fondazione di una nuova comunità monastica.
Nella primavera del 1181 Galgano visitò il Papa Alessandro III e forse in tale occasione ottenne l’approvazione della sua fondazione.
Durante la sua assenza tre persone invidiose, che la tradizione a partire dal XIV secolo ha identificato con alcuni monaci della vicina abbazia di Serena, compirono un attentato contro di lui, distruggendone la capanna e spezzandone la spada. Per intervento divino tutti e tre furono castigati: due di essi morirono, al terzo un lupo strappò a morsi le braccia, ed ebbe quindi tempo per pentirsi e raccontare il prodigio. Le braccia sono tuttora conservate nell’eremo di Montesiepi.
Forse su suggerimento del Pontefice, Galgano si pose in contatto con alcuni i monaci dell’ordine guglielmita, presumibilmente quelli del monastero di San Salvatore di Giugnano, fra i castelli di Roccastrada e Montemassi (attuale provincia di Grosseto), vicino a Montesiepi.
L’esperienza eremitica di Galgano sul Montesiepi durò meno di un anno, in quanto il 30 novembre 1181 il santo morì.
Negli anni successivi la tomba di Galgano divenne mèta di pellegrinaggi e la convinzione che il cavaliere eremita fosse un efficace intercessore presso Dio, che si era manifestata quando era ancora in vita, andò consolidandosi: gli atti del processo di canonizzazione infatti riferiscono numerosi miracoli, guarigioni di persone “attratte” (Un termine generico col quale tuttavia potrebbero essere stati indicati dei paralitici), liberazione di prigionieri, guarigioni da febbri o addirittura dalla lebbra, liberazione di posseduti dal demonio.
Il vescovo di Volterra, Ugo, condusse una prima indagine conoscitiva delle virtù e dei miracoli di Galgano. L’inchiesta ebbe esiti positivi ed egli autorizzò la costruzione di una cappella intorno alla tomba del santo ed alla spada. Il vescovo successivo, Ildebrando Pannocchieschi, nel 1185 ottenne l’apertura di un processo da parte del papa Lucio III e la nomina di tre commissari con il compito di verificare la santità del giovane chiusdinese: siamo certi che fra di essi fosse Corrado di Wittelsbach, cardinale vescovo della Sabina ed arcivescovo di Magonza; per gli altri due sono stati ipotizzati i nomi di Melior, cardinale prete del titolo dei Santi Giovanni e Paolo, e dello stesso Ildebrando.
Non sappiamo se ci sia stata una vera e propria canonizzazione da parte di un papa (Quantunque alcune biografie indichino che essa fu decretata da Lucio III, altre dal successore di lui Urbano III, altre ancora da Gregorio VIII) o se la commissione avesse ricevuto la facoltà di procedere alla canonizzazione, attraverso la “iurisdictio delegata”.
Negli anni seguenti Galgano fu invocato fra i principali patroni della città e dello stato di Siena.
La festa del santo, fu inizialmente posta al 30 novembre e poi spostata al 3 dicembre, giorno in cui si presume sia avvenuta l’ “elevatio” delle sue spoglie, cioè la loro esumazione ed esposizione nell’ambito della canonizzazione. Nella prima edizione del “Martyrologium Romanum”, del 1584, la memoria di San Galgano era fissata al 3 dicembre; nell’ultima edizione, redatta nel 2004 per ordine di Papa Giovanni Paolo II, essa è stata riportata al 30 novembre, ovvero al giorno della morte; a Chiusdino però si mantiene la vecchia tradizione.
La comunità monastica fondata da Galgano si estese in varie parti della Toscana e dell’Umbria, tuttavia all’inizio del XIII secolo si divise, così che, mentre la casa madre aderì all’ordine cistercense, le comunità figlie confluirono nell’ordine agostiniano. Questo fatto e le vicende legate alla caduta della Repubblica di Siena, causarono la dispersione delle reliquie di San Galgano, inizialmente custodite nell’eremo di Montesiepi; nella chiesa di San Michele Arcangelo in Chiusdino, si conserva e si venera però la testa del santo. Nel paese natale del santo esiste ancora oggi una confraternita a lui dedicata, fondata nel 1185 è probabilmente la più antica confraternita della cristianità fra quelle ancora esistenti.
Autore: Confraternita di San Galgano in Chiusdino
La Spada nella Roccia esiste davvero. La leggenda di re Artù, che estrae la spada “Excalibur” da una roccia, e dei cavalieri della tavola rotonda, avrebbe origine dalla storia di San Galgano Guidotti, nato nel 1148 circa in Toscana, a Chiusdino (Siena). I genitori Guidotto e Dionisia, ricchi e nobili, pregano l’arcangelo Michele di poter avere un figlio. Nasce l’atteso bambino che viene chiamato Galgano. Cresce forte e vigoroso nel suo castello. Diventa un bel cavaliere dedito, però, ai combattimenti e alle gozzoviglie in un mondo, quello medievale, caratterizzato dalla violenza, dove a vincere è il più forte. Mamma Dionisia prega per l’amato figlio e soffre per il suo comportamento scapestrato. Una notte il superbo e prepotente Galgano sogna l’arcangelo Michele e questo fatto lo turba. In seguito lo sogna ancora e questa volta il bellissimo arcangelo lo conduce presso un prato fiorito, e gli presenta la Madonna e i dodici apostoli in una casa rotonda.
Il giovane cavaliere riflette sulla sua condotta e capisce che quella vita non lo soddisfa più. Un giorno, mentre si sta recando dalla sua promessa sposa Polissena, il cavallo si ferma nei pressi del Monte Siepi (Siena) e non vuole più andare avanti. Galgano scende da cavallo e prega Dio di aiutarlo a capire quale sia la sua missione. Sente una voce interiore che arriva dal Cielo. Ora tutto è chiaro. Quello è il luogo dove Galgano deve restare per cambiare completamente vita, lodare il Signore e fare del bene agli altri. Prende la sua spada e la conficca nel terreno roccioso, a formare una croce. Il suo mantello, orgoglio di ogni cavaliere, diventa il suo umile saio. Si costruisce una capanna e si ciba di erbe selvatiche e del pane che qualche anima buona gli regala. Prega e compie miracoli di guarigione.
Dopo la sua morte, avvenuta a Chiusdino nel 1181, a Monte Siepi è stata costruita una chiesa rotonda che custodisce la spada nella roccia e, accanto, un’abbazia caratterizzata dalla mancanza del tetto. Questi luoghi, oggi, sono mete di visitatori affascinati dal magico paesaggio toscano che riporta indietro nel tempo e, soprattutto, di bambini attratti dalle leggendarie gesta di re Artù e dalla sua mitica spada nella roccia.
Autore: Mariella Lentini
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