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San Nilammone Anacoreta
Festa:
6 gennaio
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Eremita egiziano del IV-V secolo, condusse una vita di penitenza e preghiera in una cella solitaria, finché, a causa di una tempesta, la nave dell'arcivescovo Teofilo di Alessandria, in fuga da Costantinopoli, fu costretta a rifugiarsi nei pressi del suo eremo. Teofilo, che voleva convincere Nilammone ad accettare la carica di vescovo di Geres, fu accolto dal santo eremita, che, dopo aver pregato insieme a lui, gli apparve in visione, consegnandogli un pastorale e ordinandogli di recarsi a Geres per guidare la comunità cristiana. Nilammone, obbediente alla volontà divina, accettò la carica e si prodigò per la cura dei fedeli, fino alla sua morte, avvenuta nel 414.
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Era uno dei santi anacoreti egiziani del IV-V secolo e conduceva «una vita sconosciuta agli uomini» - come racconta un suo antico biografo - in una cella in cui si era chiuso ostruendo l’entrata con delle pietre, preoccupato solo di «onorare e servire il Signore» attraverso la penitenza e la preghiera. In quegli anni, precisamente nel 403, san Giovanni Crisostomo, patriarca di Costantinopoli, in un raduno di vescovi conosciuto come il Sinodo della Quercia fu deposto dalla sua carica ed esiliato per le mene del suo avversario Teofilo, arcivescovo di Alessandria, ma l’opinione pubblica era così fortemente a suo favore che venne rapidamente ristabilito dall’imperatore Arcadio alla testa della sua Chiesa; tuttavia, volendo una riabilitazione completa, ottenne che fosse convocato un concilio: a questa notizia Teofilo, preoccupatissimo, si imbarcò di notte insieme ai vescovi e ad altri personaggi che aveva portato con sé, per tornare al più presto in Egitto. Lo storico Sozomeno racconta nella Storia ecclesiastica che a causa di una tempesta la nave di Teofilo finì sulla costa presso una città non lontana da Pelusio, chiamata Geres, il cui vescovo era appena morto. A succedergli i fedeli avevano eletto Nilammone, noto per le sue virtù «che lo avevano portato al sommo della pratica di vita monastica». Poiché però il santo eremita si rifiutò di ricevere la consacrazione episcopale, l’arcivescovo Teofilo fu pregato di recarsi da lui per convincerlo a sottomettersi alla volontà popolare e, attraverso questa, a quella della Divina Provvidenza. Nilammone - il cui eremo era nei pressi della città - dapprima non cedette, ma alla fine propose a Teofilo di aspettare fino al giorno seguente, in modo che egli avesse il tempo di prepararsi a partire. L’indomani, come convenuto, l’arcivescovo tornò. Prima di aprire la porta della sua cella Nilammone gli chiese di pregare insieme a lui; e mentre Teofilo era inginocchiato in orazione fuori della cella, l’anacoreta cominciò a fare altrettanto all’interno; ma poco dopo rese pacificamente l’anima a Dio, senza che coloro che erano all’esterno se ne accorgessero; soltanto verso la fine della giornata, essendo rimasti senza risposta i ripetuti appelli, fu deciso di liberare dai massi l’entrata della cella. Con generale sorpresa, Nilammone fu trovato morto. «Chiuso nella propria cella - osserva il biografo - il sant’uomo aveva pregato anche lui il Signore, chiedendogli di toglierlo da questo mondo prima che gli fosse conferito un onore di cui non si riteneva degno, e la sua preghiera fu esaudita». Sozomeno racconta anche che gli abitanti di Geres fecero all’eremita solenni funerali e costruirono sulla sua tomba una chiesa in cui ogni anno ne celebravano la memoria. «Quando il solitario ama sinceramente il suo ritiro - commentano le Vies des Saints Pères des deserets d’Orient - Dio preferisce fare dei miracoli piuttosto che permettere che lo si forzi a lasciarlo».
Fonte:
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Giornale di Brescia
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