Si può ben dire che Trino Vercellese è terra di beati: oltre alla B. Maddalena Panattieri e alla B. Arcangela Girlani, è vanto dei trinesi anche il B. Oglerio, abate di S. Maria di Lucedio. Era questa un'importante abbazia cistercense, fondata nel 1123 come filiazione del Monastero di La Fertè, in una vasta pianura boschiva poco distante da Trino. A quei tempi le abbazie erano sì centri di spiritualità, ma avevano pure l'importante ruolo economico di gestire molti terreni recuperati dallo stato di abbandono. Oglerio nacque intorno all'anno 1136, probabilmente da famiglia benestante. Ancora oggi in città viene tradizionalmente indicata la sua casa natale che, nonostante gli inevitabili rimaneggiamenti, conserva nella facciata tre stemmi del VIII secolo. Vi è pure un affresco che raffigura i tre beati locali. Nel 1248 il giovane Oglerio assistette al passaggio solenne di S. Bernardo di Chiaravalle che accompagnava, insieme a quattordici cardinali, il Papa B. Eugenio III (anch'egli cistercense) nel viaggio da Asti a Vercelli, per la consacrazione della basilica di S. Maria Maggiore. Il grande Dottore della Chiesa, col suo carisma eccezionale, fece breccia nel cuore di Oglerio che, probabilmente già studente a Lucedio, vestì il candido saio cistercense tre anni più tardi. Secondo la Regola Benedettina, alternò allo studio il lavoro, prese i voti nel 1153 e nel 1161 venne ordinato sacerdote. Mortificava il proprio corpo con penitenze e digiuni, ma era mansueto con gli altri, rivelando quel carattere che lo contraddistinguerà per tutta la vita. Nel 1174 Bernardo di Chiaravalle fu canonizzato, Lucedio era al suo massimo splendore. Circa dieci anni dopo fu eletto abate Pietro II e Oglerio, suo braccio destro, sovente gli fu compagno nelle molte missioni che ebbe in ambito ecclesiastico e civile. Su incarico di Papa Celestino III ripianarono le controversie fra il Vescovo di Tortona e i Templari. Dal successore Innocenzo III ebbero il compito di riappacificare Parma e Piacenza (1200), riformare l'importante Monastero di Bobbio e, col Vescovo di Vercelli, la congregazione degli Umiliati di quella città, appianare le discordie tra i monaci e i canonici di S. Ambrogio di Milano (1202) e tra il Vescovo di Genova e il Capitolo della sua cattedrale (1203). Portarono perfino a compimento un'ambasciata in Armenia. Nel 1202 predicarono a Trino la IV Crociata, uno dei capitani era Bonifacio del Monferrato. La Crociata fallì nel suo intento, anche perché i veneziani, nonostante il dissenso del papa, la sfruttarono per il proprio tornaconto politico. Bonifacio comunque fu insignito del titolo di Re di Tessaglia e l'abate Pietro II eletto Vescovo di Ivrea e poi Patriarca di Antiochia. Oglerio divenne l'undicesimo abate di Lucedio che, in quell'anno (1205), contava cinquanta monaci. Il Beato nutrì sempre un grande amore per il suo paese e più volte fece da “paciere” negli annosi contrasti sorti per la sua signoria tra il Vescovo e il Comune di Vercelli. Nel 1210 Trino acquistò una certa autonomia e l'Imperatore Ottone IV concesse al monastero possessi e privilegi che andarono a vantaggio del territorio circostante: grande era la carità dei monaci che attingevano dai granai dell'abbazia per soccorrere i bisognosi nei molti periodi di necessità. Anche Oglerio ebbe molti incarichi: per conto del marchese Guglielmo il Buono andò in missione dall'Imperatore Corrado e dal Re di Francia Luigi VII. Nel 1212 Papa Innocenzo III lo nominò arbitro tra i Canonici di Casale e quelli di Paciliano e l'anno successivo ebbe il compito di ristabilire i diritti dei cistercensi sul cenobio di Chortaiton, presso Tessalonica, devastato dai saraceni. Il Vescovo di Novara Gerardo gli fece riformare un monastero femminile e appianare alcune controversie tra Lucedio e il comune di Vercelli. Oglerio fu però, soprattutto, un eccellente padre spirituale, negli anni in cui la Chiesa contrastava l'eresia degli albigesi. Dei suoi scritti, preziosi anche dal punto di vista letterario, benché siano discorsivi e non finalizzati alla stampa, sono fortunatamente giunti fino a noi il “Tractatus in laudibus Sanctae Dei Genitrix” e una “Expositio super Evangelium in Coena Domini”. Il primo, rivolto in particolare alle consacrate, narra le glorie di Maria, attraverso i passi del Vangelo e difende la sua immunità dal peccato originale fin dal concepimento (quello che sarà il dogma della Immacolata Concezione). Il secondo contiene tredici omelie sull'Eucaristia, “pane dello Spirito”, trattando dei capitoli XIII - XV del Vangelo di Giovanni. Oglerio indica Gesù come Agnello immolato per la salvezza degli uomini e ai suoi monaci dice è “la via, per cui dovete passare, la verità, a cui dovete giungere, la vita in cui dovete restare” (sermone VII). Cristo prevale sul demonio per le virtù ”dell'umiltà, della pazienza e della benignità” (sermone IX). Colui che “senza misura ti amò, senza misura devi amarlo” (sermone I). Maria è “la vergine incorrotta, la Vergine intemerata, la Vergine prima del parto e dopo il parto” (sermone III). Le sue opere, per molto tempo, furono credute di S. Bernardo, ma, nel 1661, il Cardinale Giovanni Bona le attribuì correttamente. Da esse traspare tutta la dolcezza per i suoi monaci: tanti furono quelli da lui formati alla scuola della santità. Il codice membranaceo del XIII secolo (141 fogli) che contiene i suoi scritti fu conservato nell'Abbazia di Staffarda, passò alla Biblioteca Reale di Torino e definitivamente, nel 1724, a quella Universitaria. Giovanni Andrea Irico iniziò in quell'anno degli importanti studi critici. L'illustre trinese un giorno passò per una città ligure, allontanandovi alcuni spiriti maligni. Tale episodio ne caratterizzò l'iconografia (a somiglianza di S. Bernardo) e nel martirologio cistercense è ricordato come “terrore degli spiriti immondi”, anche però per ricordare il suo infaticabile apostolato come operatore di pace. Ormai anziano, morì il 10 settembre 1214, con gran fama di santo tra il popolo e nel suo Ordine. Il corpo fu deposto prima nel chiostro del monastero, poi sotto l'altare maggiore. Gli fu dedicato un altare nel 1577, divenendo titolare della locale parrocchia. Il 2 settembre 1616 ci fu un saccheggio ai danni del monastero da parte dei soldati del Duca di Savoia, ma fortunatamente le reliquie non furono disperse. Nel 1786 i cistercensi, trasferendosi, le portarono a Castelnuovo Scrivia. I trinesi le riebbero il 9 settembre 1792 e furono definitivamente collocate nella parrocchia del paese. Il Papa B. Pio IX, l'8 aprile 1875, ne confermò il culto. L'abbazia di Lucedio venne secolarizzata da Papa Pio VI nel 1784, originale dei tempi di Oglerio restano il bel campanile e pochi elementi del complesso, successivamente più volte rimaneggiato.
Autore: Daniele Bolognini
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