I suoi guai cominciano ancor prima della nascita, per colpa di una gravidanza difficile e di un ancor più difficile parto cesareo, avvenuto a Napoli il 1° aprile 1972, sabato santo. E la croce, il silenzio, l’attesa del mattino di Pasqua, tutti elementi caratterizzanti il sabato santo, saranno presenti sempre nella sua vita tormentata e sofferente. Intanto la battezzano d’urgenza, in casa dei nonni, il 28 maggio perché è subentrata una broncopolmonite asmatica molto seria, la prima di molte altre, che sembra doversela portar via in pochi giorni. Inaspettatamente si riprende, ma a due anni cade dal seggiolone ed entra in coma: comincia la sua viacrucis nei reparti di neurochirurgia, mentre proseguono gli accertamenti medici che solo cinque anni dopo permettono di fare una diagnosi precisa, con una gamma patologica davvero spaventosa, che va dalla persistenza del dotto arterioso di Botallo alla talassemia, dalla scoliosi alla grave insufficienza cardiaca: una bambina gracile e malaticcia, insomma, il cui fisico si incurva a vista d’occhio con l’aggravarsi della scoliosi. Come spesso accade in questi casi, il disastroso quadro clinico si accompagna ad una precocissima sensibilità, un’intelligenza vivace, un’innata vocazione artistica che la porta ad appena cinque anni a studiare pianoforte con ottimi risultati: è un po’ la compensazione alla possibilità, che le è negata, di correre e giocare con i coetanei. Dai quali riceve le prime delusioni, perché non accettano i sui difetti fisici, non capiscono le sue limitazioni, non hanno la pazienza di restarle accanto quando la malattia le impedisce di uscire. Con l’adolescenza i primi sogni: una forma fisica perfetta, un futuro da pianista affermata, una vita sentimentale piena da realizzare nel matrimonio e nella maternità. C’è da stupirsi se, quando i sogni adolescenti si infrangono contro una ben diversa realtà, la diciottenne cade in depressione al punto da sfiorare la disperazione? Precipita infatti in un tunnel soffocante ed opprimente, che ben conoscono quanti loro malgrado hanno fatto un’esperienza analoga, e si spinge quasi all’orlo dell’autodistruzione. È il prolungato momento del silenzio, assoluto e quasi assordante, del sabato santo; è il periodo del macigno posto all’imboccatura del suo sepolcro che niente e nessuno sembrano riuscire a rotolare via. A salvarla in extremis un provvidenziale aiuto dall’alto, l’incontro con le persone giuste al momento giusto, una diversa prospettiva per guardare alla sua malattia con occhi nuovi. Il periodo di crisi estrema (dal 1991 al 1992) coincide con il trasferimento della famiglia dall’Aeroporto di Capodichino ad Acerra. A sostenerla spiritualmente prima un provvidenziale parroco, poi il vescovo Riboldi, infine il cuneese don Aldo Giordano, conosciuti durante il convegno ecclesiale della diocesi di Acerra del 1992. E’ soprattutto don Giordano, che diventa la sua guida spirituale ed intrattiene con lei una fitta corrispondenza, a tracciarle un cammino di donazione ed a spingerla verso un’intensa attività caritativa. Da quel momento comincia a decentrarsi, a mettere al primo posto le sofferenze altrui. Con sforzi inauditi e non poca sofferenza si ritrova in continuo movimento: per confortare malati, per accompagnare disperati, per portare a tutti un po’ di quella gioia del Risorto che la sta abitando e che ancora si accresce durante un pellegrinaggio del 1993. Mentre la sua fede cresce, il suo amore si dilata alle dimensioni del mondo. Come quando le dicono che per vivere, e non solo per “lasciarsi vivere”, deve affrontare un’operazione dolorosissima alla spina dorsale, dall’esito incerto, che le potrebbe anche essere fatale: accetta di correre il rischio e sussurra soltanto “Offrirò tutta la mia sofferenza per tutti quelli che soffrono di più, i più soli, i più abbandonati, i più tristi”. Va a farsi operare in America e, a dimostrazione che è cosciente del rischio che corre, chiede di potersi prima confessare e comunicare. Muore infatti il 18 settembre e dopo sei giorni la sua salma è ad Acerra, per i funerali ancora presieduti da don Aldo Giordano, e per la tumulazione nel cimitero locale. Dove però restano poco: dallo scorso 24 marzo, infatti, riposano nella cattedrale di Acerra. Perché di Rossella Petrellese la Chiesa acerrana ha ufficialmente aperto la Causa di beatificazione, considerandola “come la stella del mattino, che può indicare ai nostri giovani la via giusta per riprendere i sentieri interrotti dell’amore puro”.
Autore: Gianpiero Pettiti
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