SOMMARIO:
I.
Fonti
II.
Vita
III.
Culto
IV.
Folklore
V.
Iconografia
I.
FONTI
L'antichità e la
diffusione del culto di Giorgio,
ampiamente testimoniati da documenti
letterari e monumenti archeologici, non
hanno adeguata corrispondenza nelle
notizie biografiche del santo, anzi, la
passio Georgii è classificata tra
le opere apocrife dal Decretum gelasianum
(496). E' pertanto necessario rifarsi a
testimonianze estranee alla passio per
essere accertati della sua esistenza e di
alcuni dati biografici
essenziali.
A Lydda (Diospoli), in
Palestina, era venerato il suo sepolcro,
come risulta da Teodosio Perigeta (ca.
530; De situ terrae sanctae, in CSEL,
XXXIX, Vienna 1898, p. 139: «in
Diospolim, ubi sanctus Georgius
martyrizatus est, ibi et corpus eius est
et multa mirabilia fiunt»); da
Antonino da Piacenza (ca. 570;
Itinerarium, ibid., p. 176) e da Adamnano
(ca 670; De Locis sanctis, III, 4, ibid.,
pp. 288-94).
I resti archeologici
della basilica cimiteriale ancor oggi
visibili (D. Baldi, Guida di Terra Santa,
Gerusalemme 1953, pp. 332-33) sono da
alcuni attribuiti ad una costruzione
costantiniana, comunque molto vicina alla
data della morte del martire. Inoltre,
un'epigrafe greca, rinvenuta in Eaccaea di
Batanea e datata dal Delehaye al 368,
parla di una «casa dei santi e
trionfanti martiri Giorgio e
compagni», o chiesa, dedicata al
santo qualche decennio dopo la sua
morte.
Oltre questi pochi
elementi non c'è che la passio
leggendaria di cui la più antica
redazione è contenuta nel
palinsesto greco 954 della Biblioteca
Nazionale di Vienna, dal Detlefsen
pubblicata nel 1858 e da lui datata agli
inizi del sec. V, che è forse la
stessa elencata nel citato Decretum
gelasianum.
I documenti posteriori
- nuove redazioni della passio e altri
racconti - se offrono notizie intorno al
culto, sotto l'aspetto agiografico non
fanno che complicare fino all'inverosimile
la leggenda che solo tardivamente si
abbellisce dell'episodio del drago e della
fanciulla salvata dal santo.
Le molte passiones
prima greche, poi, dal periodo delle
Crociate latine, offrono sempre nuove
notizie sulla vita del santo: conceptio,
nativitas, vita, miracula, martyrium. Ad
esse fanno eco homeliae, laudationes e
sermones (elenchi in BHG, I, pp. 212-23,
nn. 669y-691y, ed in BHL, I, pp. 502507,
nn. 3363-406; Suppl., pp. 143-46, nn.
3363-404) a cui sono da aggiungere testi
ritrovati e pubblicati successivamente, ad
es. Miracula s. Georgii (ed. I. B.
Aufhauser, Lipsia 1913), la passio in due
codd. dell'Ambrosiana (secc. XI e XII, ed.
A. Saba, in Aevum, VII [1933], pp.
3-22 e gli Acta s. Georgii contenuti
nell'interessante cod. papiraceo greco del
sec. VII-VIII (L. Casson - E. L. Hettich,
Excavations at Nessana, II, Literary
papyri, Princeton 1950, pp.
123-42).
Una redazione della
passio, tra le più antiche, che
ebbe grande fortuna è quella
contenuta nel cod. Vat. Gr. 1660, del 916,
tradotta in latino dal Lippomano, da cui
dipendono il panegirico di Andrea di Creta
(m. 767) ed il Menologio di Metafraste
(ca. 964). Altre redazioni parallele o
dipendenti, secondo gli autori citati dal
Delehaye (p. 45), furono raccolte e
studiate da K. Krumbacher e A. Ehrhard nel
1911. Materiale notevole venne pubblicato
fin dal 1675 negli Acta SS.
Oltre
che in latino, la passio fu tradotta in
copto, armeno, etiopico, arabo, per l'uso
liturgico che allora si faceva delle Vitae
dei santi.
II.
VITA
Secondo la
«prima» leggenda e i successivi
ampliamenti, fin dalla concezione Giorgio
è predestinato a grandi cose; la
sua nascita porta grande gioia ai genitori
Geronzio, persiano, e Policronia,
cappadoce, che lo educano religiosamente
fino al momento in cui entra nel servizio
militare.
Il martirio avviene
sotto Daciano imperatore dei Persiani (che
però in molte recensioni è
sostituito da Diocleziano, imperatore dei
Romani) il quale convoca settantadue re
per decidere le misure da prendere contro
i cristiani. Giorgio di Cappadocia,
ufficiale delle milizie, distribuisce i
beni ai poveri, e, davanti alla corte, si
confessa cristiano; all'invito
dell'imperatore di sacrificare agli dei si
rifiuta ed iniziano le numerose e
spettacolari scene-di martirio. Giorgio
viene battuto, sospeso, lacerato e gettato
in carcere, dove ha una visione del
Signore che gli predice sette anni di
tormenti, tre volte la morte e tre la
resurrezione. Quindi ha la meglio sul mago
Atanasio che si converte e viene
martirizzato; tagliato in due con una
ruota irta di chiodi e spade, Giorgio
risuscita convertendo il magister militum
Anatolio e tutte le sue schiere che
vengono passate a fil di spada. A
richiesta del re Tranquillino risuscita
diciassette persone morte da
quattrocentosessant'anni, le battezza e la
fa sparire; entra in un tempio pagano e
con un alito abbatte gli idoli.
L'imperatrice Alessandra si converte e
viene martirizzata; l'imperatore lo
condanna nuovamente a morte e il santo,
prima di essere decapitato, implora da Dio
che l'imperatore ed i settantadue re siano
inceneriti; esaudita la sua preghiera si
lascia decapitare promettendo protezione a
chi onorerà le sue
reliquie.
La leggenda della
fanciulla liberata dal drago per opera di
Giorgio sorse successivamente: sembra che
il racconto di tale episodio sia nato, al
tempo dei Crociati, dalla falsa
interpretazione di un'immagine
dell'imperatore Costantino che si trovava
allora a Costantinopoli, cosí
descritta da Eusebio (Vita Constantini,
III, 3, in PG, XX, col. 1058)
«salutare signum capiti suo
superpositum imperator draconem (inimicum
generis humani) telis per medium ventris
confixum sub suis pedibus... depingi
voluit», e dal XVII panegirico di s.
Giorgio, recitato da s. Andrea di Creta
(ihíd., XCVII, col. 1189): «
Benedictus Dominus qui non dedit nos in
praedam dentibus eorum » (Ps. 123,
6).
La fantasia popolare
ricamò sopra tutto ciò, ed
il racconto, passando per l'Egitto, dove
Giorgio ebbe dedicate molte chiese e
monasteri, divenne una leggenda
affascinante la cui diffusione fu
probabilmente facilitata anche da una
scena (di cui un esemplare si trova ora al
Louvre), raffigurante il dio Horu,
purificatore del Nilo, cavaliere dalla
testa di falco, in uniforme romana, in
atto di trafiggere un coccodrillo tra le
zampe del cavallo.
Circa il nome, questo
Giorgio non è da confondere con
altri omonimi, né con i vari
Gregorio, e l'etimologia del termine (=
agricoltore) ha dato luogo ad originali
commenti dell'analogo brano evangelico
(Io. 15, 1-7). Inoltre, la qualità
dei supplizi richiama la leggenda greca di
Perseo e di Andromeda, e la celebre storia
del drago, senza il quale non possiamo
immaginare la figura di s. Giorgio, si
legge con tutti i suoi particolari nel
Martirio di s. Teodoro (Anal. Boll., II
[1883], pp. 359 sgg.; cf. anche: I
martiri di s. Teodoro e di s. Ariadne, in
Franchi de' Cavalieri, 6, p. 92, n.
5).
Circa l'anno del
martirio, il Ruinart, seguendo il
Chronicon alexandrinum seu paschale (PG,
XCVI, col. 680), fissa il 284; altri il
249-51; altri ancora, interpretando come
Diocleziano il nome di Daciano, lo pongono
al 303. Perché poi nella redazione
più antica della passio,
Diocleziano sia diventato Daziano, sembra
da spiegare per la triste rinomanza
acquistata da un governatore romano della
Spagna nell'epoca dioclezianea, di nome
appunto Daziano, tanto feroce contro i
cristiani da esser chiamato il «drago
degli abissi». I1 nome tra il IV e il
V sec. si diffuse in Oriente, tanto che fu
poi portato da vari sovrani della Georgia.
L'attribuzione, pertanto, del martirio di
Giorgio al tempo di Diocleziano sembra la
più probabile.
La sua
professione di militare potrebbe derivare
da una identificazione con il tribuno che
strappò l'editto di Galerio contro
i cristiani in Nicomedia, secondo quanto
è narrato da Eusebio (Hist. eccl.,
VIII, 5, in PG, XX, coll. 749-52); ma la
localizzazione del culto in Lydda rende
improbabile tale
identificazione.
III.
CULTO
Forse nessun santo ha
riscosso tanta venerazione popolare quanto
s. Giorgio e a testimonianza di ciò
sono le innumerevoli chiese dedicate al
suo nome.
A Gerusalemme esisteva
nel sec. VI un monastero con chiesa a lui
dedicata, come attesta un'epigrafe coeva
(J. Perrot, in Syria, XXVII
[1950], pp. 194-96); a Bisanzio,
come abbiamo visto, era venerato
nell'orfanotrofio.
A Gerico fu dedicato a
s. Giorgio nel sec. VI un monastero (P.
Abel, in Revue Biblique, VIII
[1911], pp. 286-89).
A Zorava, nella
Traconitide, un'iscrizione del 515 narra
l'apparizione di s. Giorgio a Giovanni
figlio di Diomede (Delehaye, Origines, p.
86).
A Beiruth il santo
riscosse grande venerazione specialmente
dopo la vittoria dei Crociati (C. Astruc,
Saint Georges à Beyrouth, in Anal.
Boll., LXXVII [1959], pp. 54-62) e
nell'Iraq numerose erano le chiese a lui
dedicate (J.-M. Fiey, Mossoul
chrétienne, Beiruth 1959, p.
105).
Grande venerazione
riscosse Giorgio in Etiopia, dove la
conoscenza delle sue gesta giunse
attraverso l'Egitto, ed in Georgia, paese
di cui fu ritenuto oriundo (V. Arras,
Miraculorum s. Gregorii megalomartyris
collectio altera, in CSChO,
CXXXVIII-XXXIX, Script. aeth., 31-32,
Lovanio 1953; id., La Collection
éthiopienne des miracles de s.
Georges, in Atti del Convegno
internazionale di. Studi Etiopici..., Acc.
Naz. dei Lincei, quad. 48, Roma 1960, pp.
273-84).
A Magonza, secondo le
testimonianze di Venanzio Fortunato, il
quale in cinque distici celebra le gesta
del martire orientale, largamente venerato
sub occiduo cardine, gli era stata
dedicata una basilica a metà del
sec. VI (Carm., II, 16, in PL, LXXXVIII,
col. 107) ed a Bamberga, Enrico II
fondò una chiesa in suo
onore.
Anche in Italia il
culto a s. Giorgio fu assai diffuso. A
Roma, Belisario (ca. 527) affidò
alla protezione del santo la porta di S.
Sebastiano e ai due santi insieme è
dedicata la chiesa del Velabro, dove venne
trasferito il cranio di Giorgio trovato
nel patriarchio lateranense da papa
Zaccaria (Lib. pont., I, p.
434).
A Ravenna fin dal sec.
VI esisteva una chiesa a lui dedicata nel
campo «Coriandro», presso il
sepolcro di Teodorico, come ci attesta la
biografia del vescovo Agnello (m. 570):
"similiter et ecclesiam beati Georgii
reconciliavit temporibus Basilii juniores"
(Codex pontificalis Ecclesiae Ravennatis,
in RIS, II, 3, p. 217; cf. anche p. 118).
Altra chiesa dedicata al santo, S. Georgii
de porticibus, si trovava nella Regio
Caesarum. Dalla capitale bizantina il
culto si estese ben presto a Ferrara (ca.
657) dove fu scelto quale patrono della
città primitiva ed in seguito della
nuova, dopo la traslazione di reliquie
nella nuova cattedrale
(1110-35).
A Cornate (Milano) il
re Cuniberto (678-688) dedicava una chiesa
a s. Giorgio (C. Marcora, Il messale di
Civate, Civate 1958, p. 38) e a Napoli,
agli inizi del sec. V, il vescovo Severo
fondava la basilica di S. Giorgio Maggiore
(Mallardo, p. 577). Nei paesi bizantini fu
venerato, unito a s. Demetrio, con
l'appellativo di «Dioscuri
cristiani» (cf. A. Stylianon, The
pointed churches of Cyprus, Cipro 1964, p.
145, fig. 68).
Agli inizi del sec. VI
Clodoveo, re dei Franchi, dedicò un
monastero al santo e s. Germano di Parigi
(m. 576) ne diffuse il culto.
In Inghilterra, la fama
del martire palestinese era già
ampiamente diffusa sin dall'epoca
anglosassone, ma il suo culto assunse
ancora maggiore sviluppo dopo la conquista
normanna (sec. XI) quando in tutto il
paese gli furono dedicate numerose
chiese.
Le invasioni musulmane,
interrompendo il flusso dei pellegrinaggi
verso l'Oriente, parvero far decadere il
culto di Giorgio; ma le Crociate ne
segnano una nuova fase ed esso si
riaccende con maggiore intensità
quando i Crociati furono da lui assistiti
mentre stavano per essere sconfitti dai
Saraceni ad Antiochia nel 1089.
Conquistata Giaffa e la vicina Lydda i
Crociati ricostruirono la basilica
cimiteriale incendiata dal califfo Hakõm
ottant'anni prima. E' di questo periodo la
diffusione in Occidente dell'episodio
della fanciulla liberata dal dragone per
intervento di Giorgio. Tale racconto,
accreditato da Giacomo di Varazze nella
Legenda aurea, non si trova, ovviamente,
nelle fonti più antiche.
Per tutto il Medio Evo,
si rinsalda in Inghilterra il culto
già nel passato tributato a
Giorgio; Riccardo I durante la III
Crociata disse di aver visto il santo con
lucente armatura guidare le truppe
cristiane alla vittoria; al tempo di
Enrico III, la festa di Giorgio fu
considerata festa d'obbligo; Edoardo III
introdusse il famoso grido di battaglia
St. George for England, e fondò nel
1348 l'Ordine di S. Giorgio, detto
«della Giarrettiera»; al tempo
di Enrico V l'arcivescovo di Ganterbury
prescriveva per la festa del santo la
stessa solennità del Natale. Ancora
oggi gli Anglicani hanno conservato il
nome di Giorgio nel loro calendario e la
rossa croce di S. Giorgio in campo bianco
campeggia sulla bandiera
inglese.
I paesi che hanno il
santo martire palestinese come patrono
sono innumerevoli: prime fra tutte le
città marinare di Genova, Venezia e
Barcellona da cui, coi Crociati, partivano
i commercianti per l'Oriente. Tra i molti
Ordini religiosi e cavallereschi, oltre ai
Benedettini a lui devoti, ricordiamo
l'Ordine Teutonico, il già citato
«Ordine della Giarrettiera»,
l'Ordine militare di Calatrava di Aragona,
a cui Bonifacio IX concesse di portare in
guerra vexilla sancti Georgii (Reg. Aven.
305, f. 289v.), ed il "Sacro militare Ord.
Costantiniano di S. Giorgio", la cui
fondazione, senza peraltro solide basi
storiche, è da alcuni attribuita a
Costantino e da altri ad Angelo Comneno
nel 1190. Nel 1690, Andrea Flavio,
l'ultimo dei Comneni, cedette i suoi
diritti a Gianfrancesco Farnese duca di
Parma, che, a sua volta, li cedette
all'Infante di Spagna divenuto re di
Napoli, il quale diede all'Ordine il nome
attuale, oltre che una nuova costituzione.
Gli ultimi statuti risalgono al 1934;
l'Ordine è riconosciuto dalla S.
Sede. L'insegna è una croce
gigliata, smaltata di porpora, con al
centro il monogramma; negli angoli della
croce le lettere I H S V (in hoc signo
vinces).
Giorgio è
inoltre protettore, con s. Sebastiano e s.
Maurizio, dei cavalieri e dei soldati,
degli arcieri e degli alabardieri, degli
armaioli, dei piumaroli (elmo) e dei
sellai; infine era invocato contro i
serpenti velenosi, contro la peste, la
lebbra e la sifilide e, nei paesi slavi,
contro le streghe.
La
celebrazione liturgica
I calendari orientali
riportano la commemorazione di Giorgio al
23 aprile recensendone le gesta secondo le
passiones conosciute (J. M. Fiey, Le
Sanctoral syrien oriental d'après
les Evangéliaires et
Bréviaires du XI au XIII
siècle, in L'Orient syrien, VIII
[1963], p. 37), alla stessa data
lo commemora il Calendario marmoreo di
Napoli del sec. IX, di spiccata influenza
bizantina (D. Mallardo, Il Calendario
marmoreo di Napoli, in Ephemerides
liturgicae, XVIII [1947], pp.
149-50).
Anche i calendari delle
Chiese occidentali fissano la
commemorazione anniversaria del martirio
di s. Giorgio al 23 aprile (W. H. Frere,
Studies in early Roman Liturgy [ =
Alcuin club collections, XXVIII],
Oxford 1930, pp. 100-101; v. anche P.
Perdrizet, Le calendrier parisien à
la in du moyen-age, Parigi 1933, pp.
123-24; cf. p. 149) e solo le chiese
dell'Italia settentrionale riportano la
celebrazione al giorno seguente (24), come
si ha da un calendario modenese del sec.
XI (ed. B. Bacchini, in Rerum ital.
script., II [1718], p. 145), dai
Messali e Breviari ferraresi e dall'uso
milanese che forse ha influenzato le
diocesi dell'Emilia altra volta sue
suffraganee (E. Cattaneo, L'evoluzione
delle feste di precetto dal sec. XIV al
XX, Milano 1956, pp. 74, 136, per gli anni
1396 e 1498; per Pavia cf.: L. Valle, Le
reliquie di s. Giorgio, Pavia 1903, p. 15,
n. 1). Nel Martirologio Geronimiano figura
al 15, 23, 24, 25 apr. e al 7 maggio, ma
solo in codd. tardivi.
Il Sacramentario
Leoniano del V sec. (ed. L. C. Mohlberg,
p. 16) contiene i testi della Messa di s.
Giorgio martire e non di s. Gregorio
(Frere, loc. cit.) che venivano letti
nella stazione che si teneva al Velabro
"eius passio contulit hodiernum in tua
virtute conventum"; mentre il più
tardivo (secc. VII-VIII) Sacramentario
Gregoriano (ed. H. A. Wilson, p. 27)
sembra essere influenzato dalle
fantastiche passiones (diversa supplicia
sustinuit) cosí come gli antichi
testi liturgici «propri», mentre
l'orazione del Messale attuale era
già in uso nei Sacramentari e
Messali latini dal sec. IX (P. Bruylants,
Les oraisons du Missel romain, II, in
Etudes liturgiques, I, Lovanio 1952, n.
401).
I1 sinodo provinciale
di Colonia del 1308 (Kellner, p. 22)
elencava la festa di s. Giorgio tra quelle
di precetto ed il De Officiis palatii di
Giorgio Codino indicava il giorno di s.
Giorgio tra quelli in cui l'imperatore, al
tempo dei Paleologi, partecipava
solennemente alle celebrazioni religiose
in Costantinopoli (ed. J. Goar, Bonn 1839,
p. 81; cf. anche indice).
Fino a qualche decennio
fa la festa di Giorgio era di precetto in
diverse diocesi di cui era patrono (ad es.
Ferrara, Gnesen), ma, mutate condizioni
sociali, suggerirono la soppressione del
precetto religioso, mentre ultimamente la
S. Congregazione dei Riti ha ridotto di
grado (e non soppressa come erroneamente
fu scritto) tale festa per mancanza di
notizie biografiche sicure da inserire
nella liturgia (AAS, LII [1960],
pp. 690, 706).
Reliquie
Grande venerazione
riscosse il sepolcro del martire e le sue
reliquie furono trasferite probabilmente
durante l'invasione persiana all'inizio
del sec. VII o poco dopo, all'arrivo dei
musulmani.
S. Gregorio, vescovo di
Tours (m. 594), nell'opera Miracolorum
liber, I, CI (ed. T. Ruinart, in PL, LXXI,
coll. 792-93) ricorda la traslazione di
reliquie a Limoges ed a Le Mans. A Roma il
cranio del martire riscosse venerazione
nella basilica di S. Giorgio in Velabro
fin dal sec. VIII; nel 1600 ne fu
trasferita una parte a Ferrara. Nell'852
Pietro della Marca spagnola ricorda la
traslazione in Spagna di reliquie di s.
Giorgio e di s. Aurelio (Marca Hispanica,
Parigi 1688, col. 357). I1 conte Roberto
di Fiandra, nel 1110 portò a
Ferrara un braccio di s. Giorgio,
donandolo alla contessa Matilde la quale,
a sua volta, lo donò alla nuova
cattedrale della città che venne
dedicata al santo nel 1135, come ci
attesta la prima iscrizione poetica
italiana (G. Bertoni, La fondazione della
cattedrale di Ferrara e l'iscrizione del
1135, in La cattedrale di Ferrara, Verona
1937, pp. 129-37; v. anche: G. Pistarino,
Le iscrizioni ferraresi del 1135, in Studi
medievali, sez. III, V, Spoleto 1964, pp.
66-160):
«Il mille cento
trenta cenque nato
fo questo templo a san Giorgio donato
da Glielmo ciptadin per so amore
et ne fo l'opra Nicolao
scolptore».
La
stessa reliquia, nel 1388, fu racchiusa
dal vescovo Marcapesi in un artistico
reliquiario d'argento (M. A. Guarini,
Compendio historico delle chiese di
Ferrara, Ferrara 1621, pp. 14-15). Nel
1462, al tempo dell'abate di S. Giorgio
Maggiore, Teofilo Beacqui da Milano, con
grande pompa un altro braccio di Giorgio
fu accolto a Venezia (G. Damerini, L'isola
e il cenobio di S. Giorgio Maggiore,
Venezia 1956, pp. 95 sgg.,
136).
IV.
FOLKLORE
La leggenda di Giorgio,
patrimonio della cultura religiosa
popolare, ebbe nuovo impulso e più
ampia diffusione con la Legenda aurea di
Giacomo da Varazze (m. 1298). Una Istoria
di santo Giorgio cavaliero si trova nel
ms. italiano Canonici 58 della Biblioteca
Bodleiana di Oxford, (ed. A. Mortara,
Oxford 1864, p.58; cf. pp. 204, 211)
intitolato Libro dillettevole da legiere
et da imparare a scrivere qual si
contengono dieci instorie; questo testo,
trascritto da Agostino di Cipriano verso
la metà del sec. XVI, ebbe in
seguito varie edd. a stampa.
Le leggende
agiografiche e moraleggianti, come spesso
accade, ispirarono la poesia religiosa e i
canti popolari creando anche intorno a
questo martire una letteratura che sembra
gareggiare con quella dei cavalieri dei
cicli brettone e carolingio. Il coraggio
indomito nella professione della fede, la
tutela generosa della giovane indifesa,
l'uccisione del drago che seminava stragi
umane furono motivi di esaltazione
dell'eroica figura.
Nella tradizione
islamica a Giorgio è dato il titolo
di «profeta», ed il racconto
delle sue gesta, risalente a Wahb ibn
Munabbih (m. ca. 728-33), riproduce quasi
alla lettera la versione siriaca della
redazione più antica della
leggenda, la quale, peraltro, «ignora
l'aspetto guerriero della figura del santo
e la localizzazione della sua battaglia
contro il drago a Lydda o a Beryto, di
cui, invece, la devozione popolare
islamica ha conservato memoria fino ai
nostri giorni» (G. Levi della Vida,
cit. in bibl., p. 143).
Giorgio fa parte,
inoltre, in Occidente, del gruppo dei
santi Ausiliatori, cioè di quei
santi la cui intercessione, secondo una
tradizione popolare che si fa risalire al
sec. XIV, è particolarmente
efficace in determinate
necessità.
Assai spesso, ed in
tutte le epoche, Giorgio fu celebrato con
panegirici e biografie romanzate: basti
citare, fra gli scrittori più
antichi Gregorio di Tours (m. 594) e
Venanzio Fortunato (m. ca. 600),
ricordando il panegirico di Andrea di
Creta (m. 767), il sermone (sec. XI) del
vescovo Zaccaria (B. Pez, Thesaurus
anecdotorum novissimus, Vienna 1723, coll.
15-24) e quello (sec. XI) di s. Pier
Damiani (PL, CXLIV, coll. 567-72; cf.
anche coll. 145, 1032); il trovatore Wace
(ca. 1170), Giacomo da Varazze (m. 1298) e
Giacomo Stefaneschi (BHL, Suppl., n.
3401b) fissano l'immagine del santo nella
sua leggendaria lotta col drago (cf. la
scultura nella lunetta della porta
maggiore del duomo di Ferrara, sec.
XII-[XIII]) che sarà fonte
d'ispirazione per l'arte figurativa dei
secoli successivi.
Numerosi sono inoltre i
«sacri misteri» che celebrano il
martire; nel sec. XV era in grande voga il
Ludus draconis, che venne in seguito
imitato dai «giuochi» delle
corti rinascimentali.
In Inghilterra numerose
locande portano il nome di S. Giorgio,
come ricorda anche Shakespeare in Re
Giovanni (atto II, 288); una filastrocca
recitata dai bambini dell'Inghilterra
settentrionale canta s. Giorgio come
cavaliere coraggioso (M. F. Bulley, St.
George for Merrie England, Londra 1908, p.
30).
In Germania sono a lui
dedicate molte acque ritenute miracolose;
mentre nei paesi slavi si conservano
consuetudini di origine pagana in
riferimento all'inizio della
primavera.
Da ultimo giova
ricordare che l'epopea cavalleresca
fiorita alla corte estense intorno
all'Orlando furioso di Ludovico Ariosto,
simboleggia, probabilmente, nei due
personaggi di Ruggero e Angelica, le
figure di Giorgio e della
principessa.
BIBLIOGRAFIA.: oltre
alle opere citt. nel corso del testo, v.:
Lippomano, Sanctorum priscorum patrum
Vitae, Venezia 1559, pp. 100-104, 123-27;
Acta SS. Aprilis, III, ibid. 1738, pp.
101-65, N. Nilles, Kalendarium manuale
utriusque Ecclesiae, I, Innsbruck 1896,
pp. 143-44; Synax. Constantinop., coll.
623-26, S. Borelli, II Megalomartire S.
Giorgio, Napoli 1902 (si tratta di un
tipico caso di «involuzione
storica», e di assenza totale della
critica storica più elementare, ma
raccoglie un materiale immenso che
può costituire una larga base per
ulteriori indagini intorno alla diffusione
del culto prestato a Giorgio; inoltre
elenca tutti gli scrittori che si sono
occupati del santo), H. Delehaye, Les
légendes greques des saints
militaires, Parigi 1909, pp. 45-76, K.
Krumbacher - A. Ehrhard. Der heilige Georg
in der griechischen Uberlieterung, Monaco
1911, BHL, Suppl., nn. 3363-401d, Comm.
Martyr. Hieron. pp. 205-209; G. Antonucci,
La leggenda di S. Giorgio e del drago, in
Emporium, LXXVI (1932), pp. 79-89;
Delehaye, Origines, passim; F. Cumont, Les
plus anciennes légendes de saint
Georges, in Revue de l'histoire des
religions, CXIV (1936), estratto; Comm.
Martyr. Rom., p. 132; Vies des Saints, IV,
pp. 591-95, BHG, I, pp. 212-23 nn.
669v-691v; C. Giannelli, Epigrammi di
Teodoro Prodromo in onore dei santi
megalomartiri Teodoro, Giorgio e Demetrio,
in Studi in onore di Luigi Castiglioni,
Firenze 1960, pp. 333-71, O. Grosso, San
Giorgio nell'arte e nel cuore dei popoli,
Milano 1962; L. Santucci, Leggende
cristiane, ibid. 1963, pp. 84-85 (riporta
la Legenda aurea); P. Toschi, La leggenda
di s. Giorgio nei canti popolari italiani,
Firenze 1964, M. del Donno, Poesia
popolare religiosa. Studi e testi di
leggende agiografiche e moraleggianti del
Sannio beneventano, in Biblioteca di
« Lares » XIII, ibid. 1964, p.
76; G. Levi della Vida, Leggende
agiografiche cristiane dell'Islam, in
L'Oriente cristiano nella storia della
civiltà, Roma 1964, p.
143.
Autore:
Dante
Balboni
V.
ICONOGRAFIA
Sarebbe compito
difficile, per non dire impossibile,
elencare tutte le rappresentazioni
relative alla leggenda di Giorgio,
perché in questo cavaliere
crociato, vincitore del drago, si
assommano innumerevoli elementi che hanno
radici nelle più antiche mitologie
e che, dalle primitive tradizioni
cristiane, traggono l'eterna suggestione
del male combattuto e vinto e della fede
testimoniata col martirio. Per questo
appunto sono facili, nella iconografia di
Giorgio, le contaminazioni con altri
personaggi, sacri o storici, come, ad
esempio il Santiago degli spagnoli (s.
Giacomo il Maggiore), s. Maurizio, s.
Martino e l'imperatore Costantino.
Ciò, inoltre, spiega più che
a sufficienza l'abbondanza
dell'iconografia stessa, la quale, volta a
volta rispecchia il culto tributato
ininterrottamente in Oriente a Giorgio, la
sua assunzione in Occidente a simbolo di
intrepida virtù, l'ispirazione
fornita all'arte e alle rappresentazioni
popolari, nonché ai poemi
cavallereschi.
Sebbene generalmente si
affermi che nel sec. XVI, tramontando in
Occidente il mito della cavalleria, il
culto - e, quindi, l'iconografia - di
Giorgio siano stati trasferiti
essenzialmente in Oriente, dove avevano
avuto origine, non vi è forse stato
artista europeo che, dopo quella data, non
abbia subito il fascino del tema eroico
del guerriero di Dio in lotta con il
mostro.
Prima di tentare quello
che non potrà essere che un giro
d'orizzonte sul complesso argomento della
iconografia di Giorgio, occorre ricordare
come la sua immagine, oltre che nelle
raffigurazioni di schietta ispirazione
religiose, divenne simbolo frequente negli
stemmi, nei suggelli, nelle bandiere e
negli stendardi di città e nazioni
che ne riconobbero il patronato, di ordini
cavallereschi e di associazioni d'arma o
di mestiere. Tra le città
ricorderemo Genova e Barcellona, non
dimenticando Venezia che a Giorgio
dedicò ben tre chiese.
Tra le nazioni si
può notare tra tutte l'Inghilterra
che fatto suo lo stendardo crociato di
Giorgio, dedicandogli il patronato
dell'Ordine della Giarrettiera,
così come in Germania sono stati
posti sotto la sua protezione gli
appartenenti all'Ordine teutonico.
Numerosissime sono poi le associazioni che
in passato, e ancora al presente, hanno
assunto come simbolo l'immagine di
Giorgio, protettore dei cavalieri, degli
armaioli, degli arceri, ecc.
Passando
all'iconografia religiosa noteremo che
molte raffigurazioni, tra le più
antiche, rappresentano generalmente
Giorgio isolato, a piedi e con il capo
nudo dai lunghi e giovanili capelli. Gli
attributi sono sempre la corazza, la
spada, la lancia (che in certi casi appare
spezzata), talvolta lo stendardo crociato.
L'immagine del santo a cavallo fa, invece,
il più delle volte, parte della
scena della lotta contro il drago e
compare con maggiore frequenza nelle opere
d'arte che illustrano i cicli e i fatti
della vita. Il cavallo è
prevalentemente bianco.
Iniziando un elenco,
più che altro - come si è
detto - indicativo delle une e delle altre
raffigurazioni, si possono citare numerose
sculture: del sec. XIII il bassorilievo
della porta di S. Giorgio a Firenze, la
statua del portico della cattedrale di
Chartres, del sec. XIV la statua nella
torre della cattedrale di Friburgo e
quella di legno dorato, custodita nel
Museo di Digione. Eccelle fra tutte la
statua sulla facciata di Orsammichele a
Firenze, opera di Donatello (sec. XV),
mentre al sec. XVI appartengono la statua
sulla facciata di S. Giorgio Maggiore a
Venezia e quella bronzea nell'interno
della stessa chiesa, opera di
Nicolò Roccatagliata (1593), e
infine, sempre in detta chiesa, la pala
lignea intagliata e colorita attribuita a
Pietro da Salò (sec. XVI). Pure
opera di Pietro da Salò è il
rilievo sul portale di S. Giorgio degli
Schiavoni, sempre a Venezia, dove Giorgio
è anche presente in un bassorilievo
della facciata di S. Marco. Restando
ancora nel campo della scultura,
ritroviamo la scena della lotta con il
drago nei bassorilievi della tomba dei
cardinali d'Amboise (1520) nella
cattedrale di Rouen.
Passando alle opere
pittoriche che arricchiscono l'iconografia
di Giorgio, particolare attenzione
meritano le innumerevoli figurazioni
bizantine, che portano l'impronta della
persistente vitalità della leggenda
nei luoghi stessi dove essa ebbe origine.
Gli affreschi nei conventi del Monte Athos
e, in particolare, del Protaton, della
laura Catholicon (in cui Giorgio appare
con s. Demetrio), del Xenophon (in cui,
cosa rara, il santo è cefaloforo)
ci rimandano tutti una immagine presso a
poco simile: un giovane guerriero dai
capelli ricciuti, dalla corazza romana,
con spada, lancia e scudo. Nella scena del
martirio di s. Autonomos, del Dyonision
Trapeza, Giorgio è raffigurato su
un cavallo bianco. Ma le immagini
piú caratteristiche e fantasiose ce
le hanno date i pittori di icone. Nella
pittura russa il santo ha un posto del
tutto speciale: va ricordata in modo
particolare quella icona della scuola di
Novgorod (sec. XVI), che riassume in tutti
i loro elementi le componenti della
leggenda: Giorgio a cavallo contro il
drago, la fanciulla in pericolo, il popolo
affacciato alle torri della città,
che attende l'esito della prova. Una scena
simile è riproposta in una icona,
ora nel Museo di Oradea (Romania), in cui
compare, però, un altro giovane che
cavalca sullo stesso destriero del santo,
elemento che qualche volta si ritrova
anche altrove. Ancora rappresentativi
della iconografia orientale sono gli
affreschi del Monastero di Staro
Magoricino in Serbia (1318) e, infine, gli
affreschi della chiesa di Sucevitza
(Bucovina), del sec. XVII. In occidente la
pittura ha dato un essenziale contributo
alla iconografia di Giorgio e tra gli
artisti, meritano il primo posto i pittori
italiani Vogliamo ricordare tra i primi il
dipinto attribuito dal Berenson a Paolo
Ucello, ora nella National Gallery di
Londra, per il suo carattere quasi
surrealista, in cui all'enorme drago dalle
grandi ali ocellate, fa contrasto una
esilissima vergine e al massiccio cavallo
bianco si oppone un Giorgio adolescente,
con un volto quasi infantile. Nel 1462 il
Mantegna in un dipinto, ora all'Accademia
di Venezia, ha rappresentato il santo in
armi, ma con la lancia spezzata e
Cosmè Tura, nel 1469, lo ha
egualmente raffigurato in una tempera,
già portello d'organo, nella
cattedrale di Ferrara. Nello stesso secolo
il Correggio dipinse Giorgio accanto alla
Vergine per la chiesa dei Domenicani di
Modena (ora nella Galleria di Dresda),
mentre Carlo Crivelli, in una formella
della pala d'altare detta Madonna della
rondine (Nat. Gall. di Londra) presenta un
Giorgio dalla pesante ed elaboratissima
armatura, la spada levata contro il
mostro.
Nel sec. XV il
Pisanello ritraeva Giorgio, che si accinge
ad affrontare la lotta, per la chiesa di
S. Anastasia a Verona, e il Carpaccio
trattava lo stesso tema in una serie
famosa di dipinti (1501-1503) nella scuola
di S. Giorgio degli Schiavoni a Venezia,
unitamente alle storie dei santi Girolamo
e Trifone. Altri episodi della leggenda
sono stati affrescati da Altichiero
Altichieri e Iacopo Avanzi nell'oratorio
di S. Giorgio a Padova (sec. XIV). Anche
Raffaello non si sottrasse al fascino del
personaggio dipingendo in età
giovanile, nel 1504, su ordinazione di
Guidobaldo da Urbino, una tavoletta in cui
Giorgio appare a cavallo, con elmo e
corazza, e alza la spada sul drago, mentre
a terra giace la lancia spezzata. Nel
numero delle opere che hanno proposto
interi cicli della leggenda, ancora a
Venezia, nel sec. XVI, il Veronese dipinse
il martirio di Giorgio per la chiesa di S.
Giorgio Maggiore. Va fatto, infine, cenno
alle numerose miniature sia dei mss.
orientali sia dei Libri d'Ore e Breviari
occidentali. Per ricordarne alcuni:
citiamo quella del Libro d'Ore del
maresciallo di Boucicault (Museo
Jacquemart-André di Parigi, sec.
XIV) e quella del Breviaro del Duca di
Bedford (Parigi, Gal. Naz.).
Non si esaurisce certo
con questi cenni il fitto elenco di
immagini relative a Giorgio Quanto in
questa sede è stato esposto
può dare tuttavia un'idea della
ricchezza iconografica a lui dedicata in
Oriente e in Occidente.
BIBLIOGRAFIA: Kunstle,
pp. 263-79, G. Millet, Monuments de l'Art
Byzantin, V, Monuments de l'Athos, Parigi
1927 pp. 176 186, 211, P. M. Kondakov, The
Russian Icon Oxford i927, pp. 25, 38, 42,
tav. XXV, 126, 128, 131 sgg., tav. XXI, F.
Nimitz, Die Kunst Russlands, II, Berlino
1940 p. 39; Braun, coll. 283-89; B.
Berenson, I pittori italiani del
Rinascimento, Milano 19483, tavv. 192 195,
203, 237; P. Deschamps, La légende
de St. G. et ies combats des
Croisés dans les peintures murales
du Moyen-age, in Monuments et memoires,
XLIV (1950), pp. 109-23 tavv. 12-15;
Réau, III, pp. 257-78; M. Salini,
Cosmè Turá, (s.l.) 1956, pp.
24-26, fig. 8, tavv. X-XI; D. Otto, The
Church of san Marco in Venice, Washington
1960, taw. 41, 105; Ch. Amiranachili,
Smalti della Georgia, Milano 1963, taw.
XLVII-VIII; [D. T.], Byzantinische
Kunst, Monaco 1964, fig. 213.
Autore:
Maria Chiara
Celletti
Fonte:
|
|
|
|