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San Francesco (Bartolomé) Pinazo Peñalver Religioso francescano, martire

Festa: 10 luglio

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El Chopo, Spagna, 24 agosto 1802 - Damasco, Siria, 10 luglio 1860

Bartolomé Pinazo Peñalver nacque a El Chopo, villaggio presso Alpuente, nella provincia di Valencia, il 24 agosto 1802. Abbandonato dalla sua promessa sposa, entrò come oblato nel convento dei Frati Minori Osservanti di Chelva. All’inizio del 1831 iniziò il noviziato per diventare fratello laico nel convento di San Francesco a Valencia. Nel febbraio 1832 compì la professione, cambiando nome in fra’ Francesco. Il suo primo incarico fu quello di sacrestano nella comunità francescana che seguiva spiritualmente le monache clarisse di Gandía: lo mantenne anche quando, nel 1835, entrarono in vigore le leggi eversive che avevano colpito gli ordini religiosi. Desiderando risolvere la sua questione di religioso esclaustrato, nel 1843 s’imbarcò per la Terra Santa, dove giunse nell’ottobre dello stesso anno. Svolse il suo servizio a Damasco, Nazareth, Giaffa, Ein Karem, Nicosia, al Santo Sepolcro e di nuovo a Damasco; in quest’ultimo luogo serviva come sacrestano. Tuttavia, a causa delle ripercussioni della guerra di Crimea e delle risoluzioni prese col congresso di Parigi del 1856, i cristiani in Siria avevano iniziato a essere perseguitati dai musulmani drusi. Quando gli aggressori, nella notte tra il 9 e il 10 luglio, riuscirono a entrare nel convento da una porta secondaria ed ebbero decapitato il superiore padre Emanuele Ruiz, fra’ Francesco e l’altro fratello laico del convento, fra’ Giovanni Giacomo Fernández Fernández, furono raggiunti mentre salivano le scale del campanile: gettati giù dalla cella campanaria, non sopravvissero perché il primo morì sul colpo, mentre l’altro venne finito sul far del giorno seguente. Nella stessa notte morirono anche gli altri cinque frati e tre fratelli cristiani maroniti, collaboratori dei religiosi. Gli undici Martiri di Damasco furono beatificati da papa Pio XI il 10 ottobre 1926 e canonizzati da papa Francesco il 20 ottobre 2024. I loro resti mortali sono venerati nella chiesa della Conversione di San Paolo a Bab Touma, quartiere di Damasco. Il Martirologio Romano li commemora il 10 luglio, giorno della loro nascita al Cielo, ma nel Calendario dell’Ordine dei Frati Minori la loro memoria ricorre il 13 luglio; sono festeggiati anche la domenica più vicina al 12 luglio, in maniera solenne, a Damasco.

Emblema: Palma

Martirologio Romano: A Damasco in Siria, passione dei beati martiri Emanuele Ruíz, sacerdote, e compagni, sette dell’Ordine dei Frati Minori e tre fratelli fedeli della Chiesa Maronita, che, con l’inganno consegnati ai nemici da un traditore, furono sottoposti per la fede a varie torture e conclusero il loro martirio con una morte gloriosa. [I loro nomi sono: beati Carmelo Volta, Pietro Soler, Nicola Alberca, Engelberto Kolland, Ascanio Nicanor, sacerdoti, e Francesco Pinzao e Giovanni Giacomo Fernández, religiosi, dell’Ordine dei Frati Minori; Francesco, Mootius e Raffaele Massabki, fratelli.]


I primi anni
Bartolomé Pinazo Peñalver nacque a El Chopo, villaggio presso Alpuente, nella provincia di Valencia, il 24 agosto 1802. Fu battezzato lo stesso giorno della nascita. Da piccolo si dedicò alla cura del bestiame dei suoi genitori come pastore, mentre da adolescente e da giovane lavorò i campi.
Rimasto orfano di padre nel 1814, si trasferì col resto della famiglia nella località di Campo Abajo, situata sempre ad Alpuente. Due anni dopo, la madre si risposò: Bartolomé e José, suo fratello, affiancarono nei campi il padre acquisito, uomo laborioso e onesto.

Religioso dopo una delusione amorosa
Bartolomé pensava a sposarsi: tuttavia, la sua promessa sposa gli preferì un altro giovane, più ricco di lui. Quella delusione lo condusse a riflettere su cosa valesse di più nella vita; col tempo, cominciò a pensare alla consacrazione religiosa.
A ventitrè anni, dunque, bussò al convento di Chelva, dei Frati Minori Osservanti (dal 4 ottobre 1897 uniti, insieme agli Alcantarini o Scalzi, ai Recolletti e ai Riformati, nell’Ordine dei Frati Minori): rimase lì come oblato per sei anni.
All’inizio del 1831 iniziò il noviziato per diventare fratello laico nel convento di San Francesco a Valencia. Nel febbraio 1832 compì la professione, cambiando nome in fra’ Francesco. Il suo primo incarico fu quello di sacrestano nella comunità francescana che seguiva spiritualmente le monache clarisse di Gandía.

Fedele alla vocazione anche con leggi contrarie
Nel 1835, alcuni anni dopo, furono attuate le leggi eversive dei beni ecclesiastici a opera del ministro Juan Álvarez Mendizábal: vennero soppressi tutti i conventi e i monasteri in Spagna e i beni del clero religioso e secolare messi all’asta.
Fra’ Francesco poté continuare a fare da sacrestano alle monache, che erano state risparmiate dalla legge; non poteva però vivere da religioso, né vestire l’abito. Desiderando por fine alla sua condizione di esclaustrato, anche se gli costava molto abbandonare le sue care monache e aveva ormai quarantuno anni, nel 1843 s’imbarcò per la Terra Santa, dove giunse nell’ottobre dello stesso anno.

In Terra Santa
La sua prima destinazione fu Damasco, dove rimase sei anni, con i compiti di cuoco e sarto. Quindi passò al Santo Sepolcro, dove rimase sei mesi. Il 5 aprile 1850 arrivò a Nicosia sull’isola di Cipro, dove fu contemporaneamente cuoco, sarto e sacrestano della parrocchia di rito latino.
Negli anni seguenti passò per Nazareth (nel 1852), Giaffa (nel 1853), Ein Karem (convento di San Giovanni della Montagna, dal 1854 al 1855) e di nuovo al Santo Sepolcro (dal 1856 al 1858). Infine tornò a Damasco, nel convento della Conversione di San Paolo, come sacrestano.

I cristiani in Siria perseguitati
Tuttavia, a causa delle ripercussioni della guerra di Crimea e delle risoluzioni prese col congresso di Parigi del 1856, i cristiani in Siria avevano iniziato a essere perseguitati dai musulmani drusi: questi ultimi avevano interpretato la libertà di culto imposta alla Turchia, nonché l’equiparazione tra loro e i cristiani sul piano civile, come un affronto al Corano.
Il superiore dei Frati Minori, padre Emanuele Ruiz López, era sicuro che nessuno sarebbe penetrato tra le mura del convento di San Paolo, che erano particolarmente solide, mentre le porte di accesso alla chiesa e al chiostro erano blindate da lamine di ferro.

La persecuzione all’apice
A Damasco, l’emiro Abd-el-Kader cercò di difendere i cristiani dalle azioni provocatorie compiute contro di loro e contro il segno della Croce, che l’8 luglio 1860 toccarono l’apice, in un clima di terrore sempre più crescente.
A mezzogiorno del 9 luglio, una folla assaltò la residenza del Patriarcato Greco non unito, riversandosi poi nel resto del quartiere cristiano. Abd-el-Kader e i suoi uomini armati accorsero, ma ancor prima di combattere gli aggressori, misero in salvo nel palazzo dell’emirato quanti più cattolici possibile, latini e maroniti, religiosi e laici, compresi i Gesuiti, i Lazzaristi, le Figlie della Carità e gli alunni delle scuole. Gli unici che non avevano accettato l’invito dell’emiro furono i Frati Minori del convento di San Paolo, per non abbandonare i cristiani che già vi avevano trovato rifugio.

Il massacro del 10 luglio 1860
Appena la folla fu entrata nel quartiere cristiano, padre Manuel radunò in chiesa i religiosi, i bambini della scuola parrocchiale e alcuni fedeli, quindi espose il Santissimo Sacramento per l’adorazione. I religiosi sacerdoti s’impartirono l’assoluzione a vicenda e si comunicarono.
Gli aggressori, di fatto, non riuscirono a forzare l’ingresso, ma irruppero lo stesso, dopo la mezzanotte del 10 luglio: qualcuno li aveva fatti passare per una porta sul retro, che non era stata rinforzata. Il primo a morire fu proprio padre Emanuele, dichiarando di essere cristiano e di voler morire da cristiano: fu decapitato dopo che, spontaneamente, aveva posato la testa sulla mensa dell’altare.

Il martirio di fra’ Francesco e fra’ Giovanni Giacomo
Fra’ Francesco e l’altro fratello laico della comunità, fra Giovanni Giacomo Fernández Fernández, s’incontrarono sul tetto del convento. Cercarono insieme rifugio nel campanile, ma vennero raggiunti mentre salivano le scale. Da un terrazzo vicino furono visti alzare le mani e lo sguardo, mentre gli aggressori rompevano loro la spina dorsale a colpi di mazza.
Dalla cella campanaria furono precipitati nel cortile sottostante: fra’ Francesco, di cinquantotto anni, morì all'istante, mentre fra’ Giovanni Giacomo, cinquantaduenne, agonizzò finché, sul far del giorno, non venne finito da un turco a colpi di scimitarra.

Il martirio di altri sei religiosi e di tre fratelli maroniti
Come loro, vennero uccisi padre Carmelo Bolta Bañuls, padre Engelberto Kolland, padre Nicanor Ascanio Soria e padre Nicolás María Alberca y Torres. Morirono anche i tre fratelli Francesco, Abdel Mooti e Raffaele Massabki, cristiani maroniti, collaboratori dei frati, che non avevano voluto, a differenza di altri fedeli, fuggire dal convento.
Appena tornò la calma, nel 1861, i corpi dei religiosi e dei tre fratelli, già nascosti in un sotterraneo del convento, vennero collocati in due casse e sepolti in una medesima tomba, aperta nel pavimento della chiesa di San Francesco a Damasco.

La causa di beatificazione degli otto francescani e dei tre fratelli
Il 17 dicembre 1885 fu iniziato il processo per la beatificazione di padre Manuel Ruiz e compagni. Nella primavera del 1926 si fissò la data della beatificazione per il 10 ottobre.
A quel punto, il Patriarca della Chiesa Maronita (che è in comunione con Roma) Elias Boutros Hoyek (Venerabile dal 2019) e l’intero episcopato maronita presentarono a papa Pio XI una urgente istanza affinché i tre fratelli Massabki, dei quali erano stati rinvenuti i nomi, fossero accomunati nella gloria ai francescani, come lo furono nella vita e nel sacrificio supremo.
Il 7 ottobre 1926 il Santo Padre, viste le prove testimoniali e documentarie raccolte nel processo da lui stesso autorizzato, firmò il decreto per la beatificazione dei tre fratelli, che fu celebrata il 10 ottobre seguente, insieme a quella degli otto frati.

La canonizzazione
Il 18 dicembre 2022 il cardinal Béchara Boutros Raï, Patriarca dei Maroniti, annunciò che per i tre fratelli era in vista la canonizzazione senza la conferma formale di un miracolo. Tale supplica era stata presentata dal Santo Sinodo dei Vescovi Maroniti, nel 2022, a papa Francesco; alla richiesta si erano associati anche i Superiori Maggiori dell’Ordine dei Frati Minori, il Ministro generale e il Custode di Terra Santa, chiedendo la canonizzazione per l’intero gruppo degli undici martiri.
Le motivazioni erano duplici: per i tre fratelli, per offrire, mediante la canonizzazione, un messaggio di dialogo, di pace e di unità nel contesto medio-orientale; per i frati, l’imminenza dell’ottavo centenario della morte di san Francesco d’Assisi, che ricorreva nel 2026.
Il 23 marzo 2023, papa Francesco autorizzò l’iter speciale per la redazione e lo studio della “Positio super Canonizatione” e, il 23 maggio 2024, approvò i voti favorevoli della Sessione Ordinaria dei Cardinali e Vescovi del Dicastero delle Cause dei Santi per la canonizzazione degli undici Martiri di Damasco. Lo stesso Pontefice li canonizzò a Roma, in piazza San Pietro, domenica 20 ottobre 2024.

La memoria e il culto
Il Martirologio Romano commemora insieme gli undici martiri al 10 luglio, ma nel Calendario dell’Ordine dei Frati Minori sono ricordati il 13 luglio. A Damasco, invece, sono festeggiati sia nell’anniversario del martirio, sia, in modo solenne, la domenica successiva al 12 luglio.
I loro resti mortali sono venerati nella chiesa della Conversione di San Paolo a Bab Touma, quartiere di Damasco. Nella diocesi di Valencia sono ricordati in modo speciale, il 10 luglio, padre Carmelo e fra’ Francesco, perché erano nativi di lì.


Autore:
Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2024-10-15

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