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Naepo, Corea del Sud, 1761 – Seul, Corea del Sud, 2 luglio 1801
Fra i fedeli martirizzati nel XIX secolo in Corea spicca la figura di una donna, Colomba Kang Wan-suk, che ha affrontato i rischi della persecuzione pur di aiutare la diffusione del Vangelo. Inserita nel gruppo di martiri capeggiato da Paolo Yun Ji-chung, è stata beatificata da papa Francesco il 16 agosto 2014, nel corso del viaggio apostolico in Corea del Sud.
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Colomba Kang Wan-suk nasce, da un’unione illegittima, nel 1761. Fa parte di una delle famiglie nobili di Naepo, nell’antico distretto di Chungcheong-do. Sin dall’infanzia viene notata per la sua saggezza e onestà: evita di compiere azioni malvagie o di dire bugie. Filippo Hong Pil-ju, che verrà martirizzato per la fede nel 1801, è uno dei suoi figliastri.
A causa delle sue origini “non ufficiali”, viene data come seconda moglie a Hong Ji-yeong, un nobile della regione Deoksan. Subito dopo il matrimonio, conosce la religione cattolica e inizia a interessarsene. Ottiene alcuni libri cattolici, li medita e arriva a realizzare la grandezza del messaggio cristiano. Ancora prima di cominciare il catecumenato, inizia a credere in “Dio, padrone del cielo e della terra, e nella sua religione. Questa dà messaggi giusti, quindi anche la sua dottrina deve essere corretta”.
Nel corso della sua conversione, crede con passione e pratica l’astinenza. Il suo stile di vita le fa ottenere il rispetto e l’ammirazione di molte persone. A suo grave rischio, si prende cura dei cattolici che sono stati imprigionati durante la persecuzione Sinhae del 1791. E proprio a causa di questa opera viene arrestata a sua volta. Dopo la liberazione insegna il catechismo a sua suocera e al suo figliastro, Filippo Hong, e li fa avvicinare alla Chiesa. Nonostante diversi sforzi, non riesce a convertire il marito che anzi la maltratta proprio a causa della sua fede. Dopo un breve periodo viene abbandonata, e il marito inizia a vivere con una concubina.
Un giorno Colomba Kang scopre che i cattolici di Seoul hanno una migliore preparazione. Dopo essersi consultata con la suocera e il figliastro, decide di trasferirsi nella capitale: qui entra in contatto con i fedeli locali e si unisce a loro. Quando questi iniziano a invitare sacerdoti stranieri - a causa della persecuzione i cattolici non hanno libero accesso al Paese - è lei a fornire il sostegno finanziario per pagare le spese.
Quando in Corea riesce ad arrivare dalla Cina p. Giacomo Zhou Wen-mo, Colomba viene battezzata: siamo nel 1794, e la donna decide di dedicare la propria vita ad aiutare il sacerdote nel suo apostolato. Dopo aver capito la sincerità e il vero impegno di Colomba Kang, p. Zhou la nomina catechista e le dà il compito di prendersi cura dei fedeli.
L’anno successivo scoppia la persecuzione Eulmyo, e la nuova catechista offre la propria casa al sacerdote cinese per potersi rifugiare. La scelta è intelligente e abbastanza sicura, dato che secondo i canoni della società coreana del tempo è proibito indagare nelle abitazioni di donne nobili. Grazie a questo, la casa di Colomba diventa un porto sicuro sia per p. Zhou che per le comunità cattoliche del luogo: è qui che Agata Yun Jeom-hye inaugura la sua comunità di vergini dedite alla Chiesa.
Nel suo operato, Colomba Kang riesce a contattare molte persone e a far conoscere loro la Chiesa. Oltre alla sua fede è saggia e pragmatica: fra i suoi convertiti vi sono nobili, vedove, servi e cameriere. È grazie a lei che Maria Song e sua nuora Maria Sin - parenti della famiglia reale - divengono cattoliche e ricevono il battesimo da p. Zhou. L’ammirazione della comunità nei suoi confronti è enorme, tanto che si arriva a dire che “si muove come un gong. Quando viene colpito, fa risuonare tutto”.
Nel 1801 in Corea si scatena la persecuzione Shinyu, e Colomba Kang viene denunciata alle autorità governative per le sue attività religiose. Il 6 aprile viene arrestata mentre è in casa con altri fedeli: vengono portati tutti al Quartier generale della polizia di Seoul. Ma anche in questa situazione, il primo pensiero della catechista è rivolto alla sicurezza del sacerdote cinese.
Per trovarlo, gli agenti la torturano sei volte ma senza successo. La sua fede è talmente ferma che persino i suoi aguzzini ne vengono colpiti. Uno di loro esclama: “Questa donna non è umana, è una dea!”. Nei tre mesi che passano fra l’arresto e il martirio, Colomba Kang continua nella sua opera religiosa: si prepara al martirio e incoraggia i suoi compagni di cella a essere fedeli e credere in Dio. Viene condannata a morte il 2 luglio del 1801, e la sentenza - per decapitazione - viene eseguita il giorno stesso fuori dalla Porta occidentale di Seoul. Ha compiuto da poco 40 anni.
Autore: Joseph Yun Li-sun
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