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† Seul, Corea del Sud, 2 luglio 1801
Antonio Yi Hyeon apprese i primi rudimenti del cattolicesimo tramite la lettura di alcuni libri e li approfondì tramite la frequentazioni di altri fedeli coreani. Fatto prigioniero durante la persecuzione Shinyu, subì numerose pressioni fisiche e psicologiche, alle quali cedette brevemente, ma poi si preparò a patire il martirio per decapitazione, avvenuto il 2 luglio 1801 insieme ad altri sette fratelli nella fede. Inserito con loro nel gruppo di martiri capeggiato da Paolo Yun Ji-chung, è stato beatificato da papa Francesco il 16 agosto 2014, nel corso del viaggio apostolico in Corea del Sud.
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Antonio Yi Hyeon nacque a Yeoju, nella provincia del Gyeonggi (attuale Corea del Sud). Poco dopo l’introduzione del cattolicesimo in Corea, ottenne dei libri religiosi e li studiò diligentemente. In un secondo tempo, frequentò la casa di Giosafat Kim Geon-sun, dove viveva suo zio Luca Yi Hui-yeong: lì iniziò lo studio del catechismo nell’autunno 1797.
Successivamente, si trasferì a Seul, dove incontrò Filippo Hong Pil-ju, approfondì la dottrina cristiana e venne battezzato dal primo sacerdote missionario in Corea, il cinese padre Giacomo Zhou Wen-mo. Fece anche la conoscenza di Barnaba Jeong Gwang-su, Pietro Choe Pil-je e Francesco Kim Jong-gyo, insieme ai quali partecipava agli incontri di preghiera.
Tempo dopo, Antonio sposò la figlia di Antonio Hong Ik-man, diventando cognato di Filippo Hong Pil-ju. Nell’inverno 1800 morirono i suoi genitori e, poco dopo, esplose la persecuzione Shinyu.
Antonio e i suoi amici vennero arrestati e condotti al quartier generale della Polizia a Seul per essere interrogati. Erano stati preceduti dallo zio Luca, il quale era stato giustiziato dopo gli interrogatori e le torture. Antonio non disse nulla di dannoso per la Chiesa; tuttavia, mentre le percosse e le domande si facevano sempre più pressanti, cedette per un breve momento, pur non rivelando dove si trovassero gli altri fedeli.
In seguito, venne trasferito al Ministero della Giustizia, dove si pentì dell’apostasia precedente. Consapevole che avrebbe subito ulteriori pressioni, fu ancora più determinato a professare la fede e a dare la vita per Dio. I suoi persecutori, visto che non riuscivano a smuoverlo, lo condannarono a morte. Prima di ricevere la condanna, Antonio dichiarò quanto segue: «Mi sono profondamente commosso mentre leggevo e studiavo i libri religiosi con i miei compagni della Chiesa per quattro anni. […] Ho creduto alla religione cattolica per molti anni e la amo. Pertanto non rinuncerò alla mia fede in Dio, non importa quale punizione mi verrà data».
Così Antonio, insieme a Matteo Kim Hyeon-u, Colomba Kang Wan-suk, Ignazio Choe In-cheol, Susanna Kang Gyeong-bok, Giuliana Kim Yeon-i, Viviana Mun Yeong-in e Agata Han Sin-ae, venne condotto presso la Piccola Porta Occidentale di Seul e decapitato il 2 luglio 1801 (22 maggio del calendario lunare).
Antonio Yi Hyeon e i suoi compagni, inseriti nel gruppo di martiri capeggiato da Paolo Yun Ji-chung (del quale fanno parte anche i già menzionati padre Giacomo Zhou Wen-mo, Barnaba Jeong Gwang-su, Pietro Choe Pil-je, Francesco Kim Jong-gyo, Antonio Hong Ik-man e Filippo Hong Pil-ju), sono stati beatificati da papa Francesco il 16 agosto 2014, nel corso del viaggio apostolico in Corea del Sud.
Autore: Emilia Flocchini
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