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Lorca, Spagna, 28 aprile 1827 - Damasco, Siria, 10 luglio 1860
Pedro Nolasco Soler Méndez nacque a Lorca, nella provincia di Murcia, nel sud della Spagna, il 28 aprile 1827. Studiò a prezzo di grandi sacrifici, anche mentre lavorava in una fonderia. Quando il Governo spagnolo permise che fosse aperto l’istituto di Priego, nella provincia di Cuenca, per la formazione dei missionari da inviarsi nel Marocco e in Terra Santa, fu tra i primi novizi. Fu ordinato sacerdote il 27 febbraio 1857; due anni dopo partì per la Terra Santa e fu destinato al convento della Conversione di San Paolo a Damasco, dove iniziò a studiare l’arabo sotto la guida di padre Carmelo Bolta Bañuls. Tuttavia, a causa delle ripercussioni della guerra di Crimea e delle risoluzioni prese col congresso di Parigi del 1856, i cristiani in Siria avevano iniziato a essere perseguitati dai musulmani drusi. Quando gli aggressori, nella notte tra il 9 e il 10 luglio, riuscirono a entrare nel convento da una porta secondaria ed ebbero decapitato il superiore padre Emanuele Ruiz, padre Pietro Nolasco cercò di mettere in salvo due ragazzi nella scuola annessa al convento, ma venne sorpreso dagli aggressori, che lo decapitarono quando dichiarò di voler rimanere cristiano. Nella stessa notte morirono anche gli altri sei frati e tre fratelli cristiani maroniti, collaboratori dei religiosi. Gli undici Martiri di Damasco furono beatificati da papa Pio XI il 10 ottobre 1926. La loro canonizzazione senza la conferma formale di un miracolo è stata fissata a domenica 20 ottobre 2024. I loro resti mortali sono venerati nella chiesa della Conversione di San Paolo a Bab Touma, quartiere di Damasco. Il Martirologio Romano li commemora il 10 luglio, giorno della loro nascita al Cielo, ma nel Calendario dell’Ordine dei Frati Minori la loro memoria ricorre il 13 luglio; sono festeggiati anche la domenica più vicina al 12 luglio, in maniera solenne, a Damasco.
Emblema: Palma, spade nel petto
Martirologio Romano: A Damasco in Siria, passione dei beati martiri Emanuele Ruíz, sacerdote, e compagni, sette dell’Ordine dei Frati Minori e tre fratelli fedeli della Chiesa Maronita, che, con l’inganno consegnati ai nemici da un traditore, furono sottoposti per la fede a varie torture e conclusero il loro martirio con una morte gloriosa. [I loro nomi sono: beati Carmelo Volta, Pietro Soler, Nicola Alberca, Engelberto Kolland, Ascanio Nicanor, sacerdoti, e Francesco Pinzao e Giovanni Giacomo Fernández, religiosi, dell’Ordine dei Frati Minori; Francesco, Mootius e Raffaele Massabki, fratelli.]
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I primi anni Pedro Nolasco Prudencio Soler Méndez nacque a Lorca, nella provincia di Murcia, nel sud della Spagna, il 28 aprile 1827, da Ramón Soler García, mulattiere, e Simona Méndez Elvira, i quali ebbero tre figli in tutto. Il 30 aprile successivo fu battezzato nella parrocchia di San Cristoforo. Nel 1834, alla morte della madre, fu affidato alle cure di Gertrudis, la nonna paterna. Due anni dopo, il padre si risposò con Antonia Hidalgo: dato che la famiglia cresceva (arrivarono altri cinque figli), fu deciso il trasferimento in un’altra abitazione.
Istruito dai francescani Pedro Nolasco ricevette la prima educazione, sin da quando aveva cinque anni, nella scuola di carità che i Frati Minori Scalzi, ovvero gli Alcantarini, avevano aperto nel convento di Nostra Signora degli Abbandonati, comunemente detto di San Didaco, a Lorca. Secondo l’uso della scuola, ricevette la Prima Comunione a sei anni. Tuttavia, l’8 settembre 1835, i frati vennero espulsi dal convento, per effetto delle leggi eversive che danneggiavano la vita della Chiesa e delle comunità religiose in Spagna. A quel punto, il ragazzo proseguì gli studi nella scuola pubblica. Quando però anche la sua famiglia affrontò una grave crisi causata dalla siccità e dalle invasioni di cavallette, Pedro si mise in cerca di una soluzione per provvedere a sé stesso. Accolto dal canonico della collegiata di San Patrizio, don Domingo Martínez Carcelero, poté affrontare privatamente gli studi teologici.
Apostolo fra gli operai Nel 1847, Pedro e suo fratello Antonio vennero chiamati alla leva militare; solo il primo, però, fu esentato per esubero di personale. Ormai non viveva più in casa di don Domingo, quindi fu assunto nella fonderia “Nuestra Señora del Carmen”, nella frazione di Villaricos, dipendente dal municipio di Cuevas in Almería. Anche in un ambiente difficile come quello in cui lavorava rimase saldo nella fede: assiduo nel lavoro, riuscì a conquistare i suoi colleghi tramite il buon esempio, esortazioni al momento opportuno e correzioni fraterne. Un giorno gli fu prospettato un aumento di stipendio: rifiutò perché riteneva che quanto guadagnava era sufficiente per sé e per i suoi cari.
Finalmente francescano Nel 1853 tornò a Lorca, dove, di nuovo privatamente, studiò in vista degli Ordini Minori. Potè ottenere la tonsura per mano di monsignor Mariano Barrio Fernández, vescovo di Murcia, ma continuava a sognare d’indossare il saio francescano. Erano quelli anni in cui, in Spagna, erano stati soppressi gli Ordini religiosi: dopo quattro anni di trattative, però, Governo e superiori religiosi si accordarono per l’apertura di un convento francescano dal quale uscissero religiosi missionari in Terra Santa. Il maestro che seguiva Pedro gli parlò proprio di quel convento, il Collegio Missionario di Priego: a quel punto, il giovane inviò la domanda d’ammissione, che fu accolta: il 16 settembre 1856, a ventinove anni, giunse in convento. Vestì l’abito religioso il 29 settembre, mentre un anno dopo, il 30 settembre del 1857, pronunciò i voti religiosi.
Frate austero e penitente Conclusi gli studi teologici, fra Pedro fu ordinato diacono il 24 febbraio 1857 e sacerdote appena tre giorni dopo, il 27 febbraio 1857. Si distingueva tra i frati per l’umiltà, l’obbedienza, il fervore nell’orazione, la sua purezza senza macchia. Era anche ammirato per le sue austere penitenze, che viveva già quando era ancora operaio: la signora presso la quale alloggiava dichiarò di averlo visto più volte inginocchiato a terra, in camera sua, intento a lunghe preghiere; inoltre, dormiva su di una stuoia distesa accanto al letto.
A Damasco Nell’autunno del 1858 iniziarono i preparativi per la prima spedizione missionaria. Padre Pedro Nolasco partì il 25 gennaio 1859; sbarcò a Giaffa il 19 febbraio, giungendo due giorni dopo a Gerusalemme. Fu quindi destinato al convento della Conversione di San Paolo a Damasco, per studiare la lingua araba. Con lui andarono due confratelli: padre Nicanor Ascanio Soria, col quale era stato ordinato sacerdote, e padre Nicolas Maria Alberca y Torres, che aveva condiviso con lui parte degli studi. I giovani frati passarono l’anno scolastico 1859-1860 impegnati nello studio, avendo come maestro padre Carmelo Bolta Bañuls. Partecipavano anche alle celebrazioni comunitarie e parrocchiali, perché la chiesa conventuale fungeva da parrocchia per i cristiani di rito latino.
I cristiani in Siria perseguitati Tuttavia, a causa delle ripercussioni della guerra di Crimea e delle risoluzioni prese col congresso di Parigi del 1856, i cristiani in Siria avevano iniziato a essere perseguitati dai musulmani drusi: questi ultimi avevano interpretato la libertà di culto imposta alla Turchia, nonché l’equiparazione tra loro e i cristiani sul piano civile, come un affronto al Corano. Il superiore dei Frati Minori, padre Emanuele Ruiz López, era sicuro che nessuno sarebbe penetrato tra le mura del convento di San Paolo, che erano particolarmente solide, mentre le porte di accesso alla chiesa e al chiostro erano blindate da lamine di ferro.
La persecuzione all’apice A Damasco, l’emiro Abd-el-Kader cercò di difendere i cristiani dalle azioni provocatorie compiute contro di loro e contro il segno della Croce, che l’8 luglio 1860 toccarono l’apice, in un clima di terrore sempre più crescente. A mezzogiorno del 9 luglio, una folla assaltò la residenza del Patriarcato Greco non unito, riversandosi poi nel resto del quartiere cristiano. Abd-el-Kader e i suoi uomini armati accorsero, ma ancor prima di combattere gli aggressori, misero in salvo nel palazzo dell’emirato quanti più cattolici possibile, latini e maroniti, religiosi e laici, compresi i Gesuiti, i Lazzaristi, le Figlie della Carità e gli alunni delle scuole. Gli unici che non avevano accettato l’invito dell’emiro furono i Frati Minori del convento di San Paolo, per non abbandonare i cristiani che già vi avevano trovato rifugio.
Il massacro del 10 luglio 1860 Appena la folla fu entrata nel quartiere cristiano, padre Manuel radunò in chiesa i religiosi, i bambini della scuola parrocchiale e alcuni fedeli, quindi espose il Santissimo Sacramento per l’adorazione. I religiosi sacerdoti s’impartirono l’assoluzione a vicenda e si comunicarono. Gli aggressori, di fatto, non riuscirono a forzare l’ingresso, ma irruppero lo stesso, dopo la mezzanotte del 10 luglio: qualcuno li aveva fatti passare per una porta sul retro, che non era stata rinforzata.
Il martirio di padre Pietro Nolasco Il primo a morire fu proprio padre Emanuele, dichiarando di essere cristiano e di voler morire da cristiano: fu decapitato dopo che, spontaneamente, aveva posato la testa sulla mensa dell’altare. Il secondo fu padre Carmelo, che rifiutò di convertirsi per avere salva la vita. Padre Pietro Nolasco prese per mano due dodicenni, alunni della scuola parrocchiale, Giuseppe Massabki e Antonio Tagliaci o Taglaci: di corsa li portò nei locali della scuola, ma fu visto da un terrazzo attiguo al convento, mentre attraversavano il cortile. Gli aggressori lo raggiunsero, l’afferrarono per la spalla e, trascinandolo al centro di un’aula, gli chiesero: «Dov’è il tuo denaro? Se vuoi salvarti, dacci quello che hai». Appena comprese quanto gli avevano detto – era a Damasco da pochi mesi e non conosceva ancora bene l’arabo – rispose: «Non ho denaro; quello che avevo, l’ho dato ai poveri». Il capo del drappello, Kaugiar, allora esclamò: «Tu sei cristiano! Se vuoi salvare la tua vita rinuncia alla tua falsa religione e abbraccia quella del grande profeta Maometto». Padre Pietro Nolasco, a quel punto, dichiarò: «No, “habibi” (“Mio caro” in arabo), non sarà mai che io commetta tale empietà: sono cristiano e preferisco morire». S’inginocchiò e si fece il segno della Croce, quindi porse il collo al carnefice, il quale gli assestò un colpo con la scimitarra. Gli altri aggressori lo colpirono ripetutamente, finché il più giovane non gli tagliò la testa. Padre Pietro Nolasco aveva trentatrè anni. I due ragazzi, invece, si nascosero; in un secondo momento, raccontarono l’accaduto.
Il martirio di altri sei religiosi e di tre fratelli maroniti Come lui, vennero uccisi padre Engelberto Kolland (vicario parrocchiale e aiutante di padre Carmelo), i suoi due compagni che studiavano arabo padre Nicanor Ascanio Soria e padre Nicolas Maria Alberca y Torres, fra’ Francesco Pinazo Peñalver e fra Giovanni Giacomo Fernández Fernández. Morirono anche i tre fratelli Francesco, Abdel Mooti e Raffaele Massabki, cristiani maroniti, collaboratori dei frati, che non avevano voluto, a differenza di altri fedeli, fuggire dal convento. Abdel Mooti era padre di Giuseppe, il ragazzo che, con l’altro compagno, aveva assistito al martirio di padre Pietro Nolasco. Appena tornò la calma, nel 1861, i corpi dei religiosi e dei tre fratelli, già nascosti in un sotterraneo del convento, vennero collocati in due casse e sepolti in una medesima tomba, aperta nel pavimento della chiesa di San Francesco a Damasco.
La causa di beatificazione degli otto francescani e dei tre fratelli Il 17 dicembre 1885 fu iniziato il processo per la beatificazione di padre Emanuele Ruiz e compagni. Nella primavera del 1926 si fissò la data della beatificazione per il 10 ottobre. A quel punto, il Patriarca della Chiesa Maronita (che è in comunione con Roma) Elias Boutros Hoyek (Venerabile dal 2019) e l’intero episcopato maronita presentarono a papa Pio XI una urgente istanza affinché i tre fratelli Massabki, dei quali erano stati rinvenuti i nomi, fossero accomunati nella gloria ai francescani, come lo furono nella vita e nel sacrificio supremo. Il 7 ottobre 1926 il Santo Padre, viste le prove testimoniali e documentarie raccolte nel processo da lui stesso autorizzato, firmò il decreto per la beatificazione dei tre fratelli, che fu celebrata il 10 ottobre seguente, insieme a quella degli otto frati.
La canonizzazione Il 18 dicembre 2022 il cardinal Béchara Boutros Raï, Patriarca dei Maroniti, annunciò che per i tre fratelli era in vista la canonizzazione senza la conferma formale di un miracolo. Tale supplica era stata presentata dal Santo Sinodo dei Vescovi Maroniti, nel 2022, a papa Francesco; alla richiesta si erano associati anche i Superiori Maggiori dell’Ordine dei Frati Minori, il Ministro generale e il Custode di Terra Santa, chiedendo la Canonizzazione per l’intero gruppo degli undici Martiri di Damasco. Le motivazioni erano duplici: per i tre fratelli, per offrire, mediante la canonizzazione, un messaggio di dialogo, di pace e di unità nel contesto medio-orientale; per i frati, l’imminenza dell’ottavo centenario della morte di san Francesco d’Assisi, che ricorreva nel 2026. Il 23 marzo 2023, papa Francesco autorizzò l’iter speciale per la redazione e lo studio della “Positio super Canonizatione” e, il 23 maggio 2024, approvò i voti favorevoli della Sessione Ordinaria dei Cardinali e Vescovi del Dicastero delle Cause dei Santi per la canonizzazione degli undici Martiri di Damasco. Lo stesso Pontefice li canonizzò a Roma, in piazza San Pietro, domenica 20 ottobre 2024.
La memoria e il culto Il Martirologio Romano commemora insieme gli undici martiri al 10 luglio, ma nel Calendario dell’Ordine dei Frati Minori sono ricordati il 13 luglio. A Damasco, invece, sono festeggiati sia nell’anniversario del martirio, sia, in modo solenne, la domenica successiva al 12 luglio. I loro resti mortali sono venerati nella chiesa della Conversione di San Paolo a Bab Touma, quartiere di Damasco. Padre Pietro Nolasco è ancora molto ricordato a Lorca, il suo paese natale. Gli è stata dedicata una via molto vicina alla chiesa dove fu battezzato, nella quale si conserva anche un quadro che lo raffigura e dove ogni anno viene celebrata la sua memoria. Nel monastero di Sant’Anna e Santa Maria Maddalena si conserva poi l’alba (la tunica bianca) che aveva addosso il giorno della Prima Messa. Infine, nel santuario della Madonna dell’Orto e nella chiesa di San Francesco sono venerate due sue sculture.
Autore: Emilia Flocchini
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