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Moire, Spagna, 25 luglio 1808 - Damasco, Siria, 10 luglio 1860
Juan Jacobo (o Santiago, in castigliano) Fernández Fernández nacque a Moire, nella comunità autonoma della Galizia e nella diocesi di Orense, il 25 luglio 1808. Nel 1831 vestì l’abito tra i Frati Minori Osservanti; professò i voti dopo l’anno di noviziato. Rimase fedele alla vocazione francescana anche dopo che, nel 1835, erano state promulgate le leggi eversive nei confronti degli ordini religiosi. Nel 1859 chiese e ottenne di poter partire come missionario in Terra Santa, in risposta all’invito che il Commissario Generale di Terra Santa aveva rivolto ai francescani esclaustrati. Giunto a Giaffa il 20 febbraio 1860, fu inviato nel convento della Conversione di San Paolo a Damasco, dove prestò servizio come cuoco. Tuttavia, a causa delle ripercussioni della guerra di Crimea e delle risoluzioni prese col congresso di Parigi del 1856, i cristiani in Siria avevano iniziato a essere perseguitati dai musulmani drusi. Nella notte tra il 9 e il 10 luglio, gli aggressori riuscirono a entrare nel convento da una porta secondaria e decapitarono il superiore padre Emanuele Ruiz. Fra’ Giovanni Giacomo e il sacrestano, fra’ Francesco Pinazo Peñalver, furono raggiunti mentre salivano le scale del campanile: gettati giù dalla cella campanaria, non sopravvissero perché il primo morì sul colpo, mentre l’altro venne finito sul far del giorno seguente. Nella stessa notte morirono anche gli altri cinque frati e tre fratelli cristiani maroniti, collaboratori dei religiosi. Gli undici Martiri di Damasco furono beatificati da papa Pio XI il 10 ottobre 1926 e canonizzati da papa Francesco il 20 ottobre 2024. I loro resti mortali sono venerati nella chiesa della Conversione di San Paolo a Bab Touma, quartiere di Damasco. Il Martirologio Romano li commemora il 10 luglio, giorno della loro nascita al Cielo, ma nel Calendario dell’Ordine dei Frati Minori la loro memoria ricorre il 13 luglio; sono festeggiati anche la domenica più vicina al 12 luglio, in maniera solenne, a Damasco.
Emblema: Palma
Martirologio Romano: A Damasco in Siria, passione dei beati martiri Emanuele Ruíz, sacerdote, e compagni, sette dell’Ordine dei Frati Minori e tre fratelli fedeli della Chiesa Maronita, che, con l’inganno consegnati ai nemici da un traditore, furono sottoposti per la fede a varie torture e conclusero il loro martirio con una morte gloriosa. [I loro nomi sono: beati Carmelo Volta, Pietro Soler, Nicola Alberca, Engelberto Kolland, Ascanio Nicanor, sacerdoti, e Francesco Pinzao e Giovanni Giacomo Fernández, religiosi, dell’Ordine dei Frati Minori; Francesco, Mootius e Raffaele Massabki, fratelli.]
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Nascita e vocazione Juan Jacobo (o Santiago, in castigliano) Fernández Fernández nacque a Moire, in Galizia, il 25 luglio 1808, penultimo dei sette figli, due dei quali femmine, di Benito Fernández da Fonte, medico, e Benita Fernandez Losada. Fu battezzato il giorno dopo la nascita. Trascorse l’infanzia e la giovinezza dedicandosi allo studio e al lavoro e maturando un profondo timor di Dio. Nel 1831 vestì l’abito tra i Frati Minori Osservanti (dal 4 ottobre 1897 uniti, insieme agli Alcantarini o Scalzi, ai Recolletti e ai Riformati, nell’Ordine dei Frati Minori) nel convento di Santa Maria di Herbón; professò i voti dopo l’anno di noviziato. Anche suo fratello Pedro entrò nel medesimo convento: la vocazione di entrambi era stata favorita dagli incontri con i frati, che predicavano le missioni al popolo e amministravano i Sacramenti nei villaggi vicini.
Fedele alla vocazione francescana Nel 1835, quattro anni dopo, furono attuate le leggi eversive dei beni ecclesiastici a opera del ministro Juan Álvarez Mendizábal: vennero soppressi tutti i conventi e i monasteri in Spagna e i beni del clero religioso e secolare messi all’asta. Fra’ Giovanni Giacomo mise in salvo alcuni oggetti del convento: soprattutto rimase fedele alla vocazione francescana, sicuro che l’abito, come dice il proverbio, non fa il monaco. Rimase poi in contatto epistolare con altri frati esclaustrati.
La partenza per la Terra Santa Grazie a quei confratelli, venne a sapere che il Commissario Generale di Terra Santa aveva rivolto ai francescani esclaustrati l’invito a partire come missionari. Fra’ Giovanni Giacomo inviò la domanda formale il 4 novembre 1858: il 23 seguente ebbe la conferma di essere stato incluso nella prima spedizione missionaria. Partito da Valencia il 25 gennaio 1859 e giunto a Giaffa il 19 febbraio, fu inviato nel convento della Conversione di San Paolo a Damasco, dove prestò servizio come cuoco. Contemporaneamente, imparava l’arabo e assisteva i cristiani della città.
I cristiani in Siria perseguitati Tuttavia, a causa delle ripercussioni della guerra di Crimea e delle risoluzioni prese col congresso di Parigi del 1856, i cristiani in Siria avevano iniziato a essere perseguitati dai musulmani drusi: questi ultimi avevano interpretato la libertà di culto imposta alla Turchia, nonché l’equiparazione tra loro e i cristiani sul piano civile, come un affronto al Corano. Il superiore dei Frati Minori, padre Emanuele Ruiz López, era sicuro che nessuno sarebbe penetrato tra le mura del convento di San Paolo, che erano particolarmente solide, mentre le porte di accesso alla chiesa e al chiostro erano blindate da lamine di ferro.
La persecuzione all’apice A Damasco, l’emiro Abd-el-Kader cercò di difendere i cristiani dalle azioni provocatorie compiute contro di loro e contro il segno della Croce, che l’8 luglio 1860 toccarono l’apice, in un clima di terrore sempre più crescente. A mezzogiorno del 9 luglio, una folla assaltò la residenza del Patriarcato Greco non unito, riversandosi poi nel resto del quartiere cristiano. Abd-el-Kader e i suoi uomini armati accorsero, ma ancor prima di combattere gli aggressori, misero in salvo nel palazzo dell’emirato quanti più cattolici possibile, latini e maroniti, religiosi e laici, compresi i Gesuiti, i Lazzaristi, le Figlie della Carità e gli alunni delle scuole. Gli unici che non avevano accettato l’invito dell’emiro furono i Frati Minori del convento di San Paolo, per non abbandonare i cristiani che già vi avevano trovato rifugio.
Il massacro del 10 luglio 1860 Appena la folla fu entrata nel quartiere cristiano, padre Emanuele radunò in chiesa i religiosi, i bambini della scuola parrocchiale e alcuni fedeli, quindi espose il Santissimo Sacramento per l’adorazione. I religiosi sacerdoti s’impartirono l’assoluzione a vicenda e si comunicarono. Gli aggressori, di fatto, non riuscirono a forzare l’ingresso, ma irruppero lo stesso, dopo la mezzanotte del 10 luglio: qualcuno li aveva fatti passare per una porta sul retro, che non era stata rinforzata. Il primo a morire fu proprio padre Emanuele, dichiarando di essere cristiano e di voler morire da cristiano: fu decapitato dopo che, spontaneamente, aveva posato la testa sulla mensa dell’altare.
Il martirio di fra’ Francesco e fra’ Giovanni Giacomo Fra’ Giovanni Giacomo e il sacrestano, fra’ Francesco Pinazo Peñalver, s’incontrarono sul tetto del convento. Cercarono insieme rifugio nel campanile, ma vennero raggiunti mentre salivano le scale. Da un terrazzo vicino furono visti alzare le mani e lo sguardo, mentre gli aggressori rompevano loro la spina dorsale a colpi di mazza. Dalla cella campanaria furono precipitati nel cortile sottostante: fra’ Francesco, di cinquantotto anni, morì all'istante, mentre fra’ Giovanni Giacomo, cinquantaduenne, agonizzò finché, sul far del giorno, non venne finito da un turco a colpi di scimitarra, mentre invocava Dio di accettare il suo sacrificio.
Il martirio di altri sei religiosi e di tre fratelli maroniti Come loro, vennero uccisi padre Carmelo Bolta Bañuls, padre Engelberto Kolland, padre Nicanore Ascanio Soria e padre Nicola Maria Alberca y Torres. Morirono anche i tre fratelli Francesco, Abdel Mooti e Raffaele Massabki, cristiani maroniti, collaboratori dei frati, che non avevano voluto, a differenza di altri fedeli, fuggire dal convento. Appena tornò la calma, nel 1861, i corpi dei religiosi e dei tre fratelli, già nascosti in un sotterraneo del convento, vennero collocati in due casse e sepolti in una medesima tomba, aperta nel pavimento della chiesa di San Francesco a Damasco.
La causa di beatificazione degli otto francescani e dei tre fratelli Il 17 dicembre 1885 fu iniziato il processo per la beatificazione di padre Emanuele Ruiz e compagni. Nella primavera del 1926 si fissò la data della beatificazione per il 10 ottobre. A quel punto, il Patriarca della Chiesa Maronita (che è in comunione con Roma) Elias Boutros Hoyek (Venerabile dal 2019) e l’intero episcopato maronita presentarono a papa Pio XI una urgente istanza affinché i tre fratelli Massabki, dei quali erano stati rinvenuti i nomi, fossero accomunati nella gloria ai francescani, come lo furono nella vita e nel sacrificio supremo. Il 7 ottobre 1926 il Santo Padre, viste le prove testimoniali e documentarie raccolte nel processo da lui stesso autorizzato, firmò il decreto per la beatificazione dei tre fratelli, che fu celebrata il 10 ottobre seguente, insieme a quella degli otto frati.
La canonizzazione Il 18 dicembre 2022 il cardinal Béchara Boutros Raï, Patriarca dei Maroniti, annunciò che per i tre fratelli era in vista la canonizzazione senza la conferma formale di un miracolo. Tale supplica era stata presentata dal Santo Sinodo dei Vescovi Maroniti, nel 2022, a papa Francesco; alla richiesta si erano associati anche i Superiori Maggiori dell’Ordine dei Frati Minori, il Ministro generale e il Custode di Terra Santa, chiedendo la canonizzazione per l’intero gruppo degli undici martiri. Le motivazioni erano duplici: per i tre fratelli, per offrire, mediante la canonizzazione, un messaggio di dialogo, di pace e di unità nel contesto medio-orientale; per i frati, l’imminenza dell’ottavo centenario della morte di san Francesco d’Assisi, che ricorreva nel 2026. Il 23 marzo 2023, papa Francesco autorizzò l’iter speciale per la redazione e lo studio della “Positio super Canonizatione” e, il 23 maggio 2024, approvò i voti favorevoli della Sessione Ordinaria dei Cardinali e Vescovi del Dicastero delle Cause dei Santi per la canonizzazione degli undici Martiri di Damasco. Lo stesso Pontefice li canonizzò a Roma, in piazza San Pietro, domenica 20 ottobre 2024.
La memoria e il culto Il Martirologio Romano commemora insieme gli undici martiri al 10 luglio, ma nel Calendario dell’Ordine dei Frati Minori sono ricordati il 13 luglio. A Damasco, invece, sono festeggiati sia nell’anniversario del martirio, sia, in modo solenne, la domenica successiva al 12 luglio. I loro resti mortali sono venerati nella chiesa della Conversione di San Paolo a Bab Touma, quartiere di Damasco. Nella diocesi di Orense, di cui fra’ Giovanni Giacomo è nativo, è conservata la sua casa natale, mentre statue che lo raffigurano si trovano nella chiesa del suo paese e nella cattedrale di Orense.
Autore: Emilia Flocchini
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