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Ramsau, Austria, 21 settembre 1827 – Damasco, Siria, 10 luglio 1860
Michael Kolland nacque a Ramsau, frazione della parrocchia di Zell am See, nella diocesi austriaca di Salisburgo, il 21 settembre 1827. Fu accolto gratuitamente nel Seminario diocesano, ma dopo quattro anni fu rimandato in famiglia perché troppo irrequieto. Frequentando la chiesa dei Frati Minori Riformati e incontrando i loro novizi, decise di diventare uno di loro: entrò in convento nel 1847, a Salisburgo, diventando fra’ Engelberto. Fu ordinato sacerdote a Trento il 13 luglio 1851 e visse i primi tempi del ministero come vicario parrocchiale a Bolzano. Ottenuto dai superiori il permesso di recarsi nella missione di Terra Santa, svolse il suo apostolato prima nel convento del Santo Sepolcro, quindi a Damasco. A causa delle ripercussioni della guerra di Crimea e delle risoluzioni prese col congresso di Parigi del 1856, i cristiani in Siria iniziarono a essere perseguitati dai musulmani drusi. Padre Engelberto tentò di convincere padre Emanuele Ruiz López, il superiore, dal restare in convento, ma obbedì alla sua decisione. Quando però gli aggressori, nella notte tra il 9 e il 10 luglio, riuscirono a entrare nel convento da una porta secondaria ed ebbero decapitato il superiore padre Emanuele Ruiz, padre Engelberto fu l’unico a morire fuori dal convento: trascinato nel cortile della casa dove si era rifugiato, venne colpito quattro volte con una scure, dopo che si era disposto a morire perché cristiano e sacerdote; due mesi dopo, avrebbe compiuto trentatré anni. Morirono in tutto otto frati e tre fratelli cristiani maroniti, collaboratori dei religiosi. Gli undici Martiri di Damasco furono beatificati da papa Pio XI il 10 ottobre 1926 e canonizzati da papa Francesco il 20 ottobre 2024. I loro resti mortali sono venerati nella chiesa della Conversione di San Paolo a Bab Touma, quartiere di Damasco. Il Martirologio Romano li commemora il 10 luglio, giorno della loro nascita al Cielo, ma nel Calendario dell’Ordine dei Frati Minori la loro memoria ricorre il 13 luglio; sono festeggiati anche la domenica più vicina al 12 luglio, in maniera solenne, a Damasco.
Emblema: Palma, scure
Martirologio Romano: A Damasco in Siria, passione dei beati martiri Emanuele Ruíz, sacerdote, e compagni, sette dell’Ordine dei Frati Minori e tre fratelli fedeli della Chiesa Maronita, che, con l’inganno consegnati ai nemici da un traditore, furono sottoposti per la fede a varie torture e conclusero il loro martirio con una morte gloriosa.
[I loro nomi sono: beati Carmelo Volta, Pietro Soler, Nicola Alberca, Engelberto Kolland, Ascanio Nicanor, sacerdoti, e Francesco Pinzao e Giovanni Giacomo Fernández, religiosi, dell’Ordine dei Frati Minori; Francesco, Mootius e Raffaele Massabki, fratelli.]
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L’infanzia Michael Kolland nacque in Austria, a Ramsau, frazione della parrocchia di Zell am See, il 21 settembre 1827, figlio di Kajetan Kolland e Maria Sporer, di modeste condizioni sociali, ricchi di virtù cristiane, ma tendenti verso il luteranesimo. Il padre, d’estate, lasciava la valle dello Zillertal per partire con la moglie per la Stiria, dove lavorava come taglialegna. Lasciava quindi i figli da una parente, Maria Brugger, che li educava e li istruiva. Michael crebbe buono e fervoroso: solo quando pregava lasciava da parte il suo carattere vivace.
Studi verso il sacerdozio per quattro anni Nonostante i ripetuti interventi del sacerdote e del principe arcivescovo Friedrich von Schwarzenberg, i Kolland non tornarono alla Chiesa cattolica e alla fine dovettero lasciare la loro patria nel 1838. Si trasferirono quindi a Rachau, in Stiria, insieme ai due figli maggiori, Anna e Joseph, seguiti più tardi da Felix, il figlio minore. Michael e un altro fratello, Florian, rimasero a casa della signora Brugger. L’arcivescovo di Salisburgo, durante una visita alla parrocchia di Zell, aveva però ravvisato nel piccolo Michael i segni di una probabile vocazione sacerdotale: per questa ragione, lo ammise gratuitamente nel ginnasio Seminario diocesano, insieme a suo fratello. Solo Michael passò poi al ginnasio dei Benedettini di San Pietro, come studente esterno. Quattro anni dopo, però, lui rientrò in famiglia: era risultato troppo irrequieto. Inoltre, aveva difficoltà in latino ed era in contrasto con i compagni più grandi. Per un anno lavorò con suo padre in Stiria, poi riprese gli studi: mentre era a contatto con la natura sentiva, nel proprio cuore, una voce misteriosa che lo chiamava al servizio di Dio.
L’incontro coi Frati Minori Riformati Un giorno incontrò per strada un gruppo di giovani novizi francescani. Li osservò con attenzione e rimase colpito dalla loro modestia e dal loro raccoglimento. Rivolto agli amici che erano con lui, esclamò: «Presto sarà come uno di loro». Mantenne la parola: alcuni mesi dopo, nel 1847, entrò nel convento di Salisburgo dei Frati Minori Riformati (dal 4 ottobre 1897 uniti, insieme agli Alcantarini o Scalzi, ai Recolletti e agli Osservanti, nell’Ordine dei Frati Minori): con la vestizione, il 19 agosto 1847, divenne fra’ Engelberto. Nel corso del noviziato s’impegnò a non bere mai vino, birra o caffè. Si sentiva bene in convento, come a casa: questa sensazione traspariva dal suo volto e dal suo buon carattere. Era anche molto devoto alla Madonna: tra il 1847 e il 1848 tradusse in tedesco l’opera «La mistica città di Dio» di Maria di Ágreda. Celebrò la professione solenne il 22 novembre 1850.
L’ordinazione sacerdotale e i primi incarichi a Bolzano Fu ordinato sacerdote a Trento il 13 luglio 1851 e celebrò la Prima Messa a Bolzano. Prima dell’ordinazione formulò un voto al Signore: per ringraziarlo, sarebbe partito missionario per la Custodia di Terra Santa. Manifestò la sua richiesta al Capitolo Provinciale, che l’accolse; per il momento, fu vicario nella parrocchia dei Frati Minori a Bolzano. Di pari passo, sotto la guida di padre Vergeiner, già missionario in Terra Santa, affrontò gli studi teologici a Schwaz, Bolzano, Hall e Caldaro. A Bolzano, nell’anno di tirocinio pastorale, affrontò anche gli esami che lo abilitavano a confessare e a predicare. Inoltre intensificò lo studio delle lingue straniere: oltre al tedesco, sua lingua madre, imparò latino, inglese, italiano, francese e arabo.
L’arrivo in Terra Santa Il viaggio in mare da Trieste ad Alessandria d’Egitto e fino a Giaffa durò dal 27 marzo al 13 aprile 1855. Dopo aver molto sofferto per il mal di mare, padre Engelberto pervenne alla sua prima destinazione: il convento del Santo Sepolcro a Gerusalemme. In una lettera descrisse le sue sensazioni appena arrivato: «Scesi da cavallo. Il pensiero che in quella città il Signore, nostro Redentore, avesse versato il suo prezioso sangue anche per la mia salvezza, mi fece piangere ancora più forte. Alle tre del pomeriggio, nella stessa ora in cui morì Gesù Cristo, giravo a piedi per le vie di Gerusalemme. Laddove egli aveva portato la sua pesante croce, volli anch’io camminare a piedi».
La missione a Damasco di “Abuna Malak” Poco dopo venne destinato come vicario della parrocchia latina della Conversione di San Paolo a Bab Touma, quartiere di Damasco, a sostegno di padre Carmelo Bolta Bañuls, che ne era il parroco. La destinazione era provvisoria, ma, dato che padre Carmelo si ammalò, assunse praticamente tutti i suoi incarichi, in mancanza di confratelli spagnoli che parlassero bene l’arabo. Da ragazzo inquieto si era trasformato in un religioso sereno, tanto che tutti lo chiamavano “Abuna Malak” ossia “Padre Angelo”, anche perché Engelbert, che comunque in tedesco significa “splendente come un angelo”, era un nome troppo lungo da pronunciare. Non si occupava solo dei Sacramenti, ma anche di portare le medicine ai malati. Osservava con curiosità l’ambiente orientale, ma era anche molto realista nei riguardi dei rapporti con l’Islam. Ebbe l’iniziativa di costruire un campanile per la chiesa del convento, collocandovi una campana pesante mezzo quintale; peraltro, il convento sorgeva proprio davanti a una moschea.
I cristiani in Siria perseguitati Negli stessi anni, a causa delle ripercussioni della guerra di Crimea e delle risoluzioni prese col congresso di Parigi del 1856, i cristiani in Siria avevano iniziato a essere perseguitati dai musulmani drusi: questi ultimi avevano interpretato la libertà di culto imposta alla Turchia, nonché l’equiparazione tra loro e i cristiani sul piano civile, come un affronto al Corano. Il superiore dei Frati Minori, padre Emanuele Ruiz López, era sicuro che nessuno sarebbe penetrato tra le mura del convento di San Paolo, che erano particolarmente solide, mentre le porte di accesso alla chiesa e al chiostro erano blindate da lamine di ferro. Padre Engelberto fu tra i primi a cercare di dissuaderlo dal rimanere in convento, ma alla fine obbedì, senza pensare alla fuga.
La persecuzione all’apice A Damasco, l’emiro Abd-el-Kader cercò di difendere i cristiani dalle azioni provocatorie compiute contro di loro e contro il segno della Croce, che l’8 luglio 1860 toccarono l’apice, in un clima di terrore sempre più crescente. A mezzogiorno del 9 luglio, una folla assaltò la residenza del Patriarcato Greco non unito, riversandosi poi nel resto del quartiere cristiano. Abd-el-Kader e i suoi uomini armati accorsero, ma ancor prima di combattere gli aggressori, misero in salvo nel palazzo dell’emirato quanti più cattolici possibile, latini e maroniti, religiosi e laici, compresi i Gesuiti, i Lazzaristi, le Figlie della Carità e gli alunni delle scuole. Gli unici che non avevano accettato l’invito dell’emiro furono, appunto, i Frati Minori del convento di San Paolo, per non abbandonare i cristiani che già vi avevano trovato rifugio.
Il massacro del 10 luglio 1860 Appena la folla fu entrata nel quartiere cristiano, padre Emanuele radunò in chiesa i religiosi, i bambini della scuola parrocchiale e alcuni fedeli, quindi espose il Santissimo Sacramento per l’adorazione. I religiosi sacerdoti s’impartirono l’assoluzione a vicenda e si comunicarono. Gli aggressori, di fatto, non riuscirono a forzare l’ingresso, ma irruppero lo stesso, dopo la mezzanotte del 10 luglio: qualcuno li aveva fatti passare per una porta sul retro, che non era stata rinforzata.
Il martirio di padre Engelberto Il primo a morire fu proprio padre Emanuele, dichiarando di essere cristiano e di voler morire da cristiano: fu decapitato dopo che, spontaneamente, aveva posato la testa sulla mensa dell’altare. Dopo di lui fu ucciso, a colpi di mazza, padre Carmelo. Padre Engelberto, dal terrazzo del convento, riuscì a scendere in strada, ma non a raggiungere il palazzo dell’emiro. Fu nascosto in una vicina casa di cristiani con un maronita chiamato Metri, mentre una signora greco-cattolica, sua penitente, gli gettò sulle spalle un velo bianco. Tuttavia, gli inseguitori lo riconobbero: s’intravvedevano il saio marrone e i piedi, che calzavano i tipici sandali francescani. Secondo quanto raccontò in seguito Metri, il frate, condotto nel cortile della casa, domandò al persecutore: «Amico, cosa ti ho fatto?». Quindi fu colpito alla testa con una scure, mentre lo stesso aggressore gli intimava: «Abbandona la tua fede, e segui Maometto!». Padre Engelberto, nettamente, rispose: «No, mai! Sono cristiano e per di più sacerdote: potete uccidermi». Venne quindi colpito a morte con la scure per quattro volte, a cui replicò con altrettanti «No!». Due mesi dopo, avrebbe compiuto trentatré anni.
Il martirio di altri cinque religiosi e di tre fratelli maroniti Dopo di lui, vennero uccisi padre Nicanore Ascanio Soria, padre Nicola Alberca y Torres, padre Pietro Nolasco Soler Méndez, fra’ Francesco Pinazo Peñalver e fra Giovanni Giacomo Fernández Fernández. Morirono anche i tre fratelli Francesco, Abdel Mooti e Raffaele Massabki, cristiani maroniti, collaboratori dei frati, che non avevano voluto, a differenza di altri fedeli, fuggire dal convento. Appena tornò la calma, nel 1861, i corpi dei religiosi e dei tre fratelli, già nascosti in un sotterraneo del convento, vennero collocati in due casse e sepolti in una medesima tomba, aperta nel pavimento della chiesa di San Paolo.
La causa di beatificazione degli otto francescani e dei tre fratelli Il 17 dicembre 1885 fu iniziato il processo per la beatificazione di padre Emanuele Ruiz e compagni. Nella primavera del 1926 si fissò la data della beatificazione per il 10 ottobre. A quel punto, il Patriarca della Chiesa Maronita (che è in comunione con Roma) Elias Boutros Hoyek (Venerabile dal 2019) e l’intero episcopato maronita presentarono a papa Pio XI una urgente istanza affinché i tre fratelli Massabki, dei quali erano stati rinvenuti i nomi, fossero accomunati nella gloria ai francescani, come lo furono nella vita e nel sacrificio supremo. Il 7 ottobre 1926 il Santo Padre, viste le prove testimoniali e documentarie raccolte nel processo da lui stesso autorizzato, firmò il decreto per la beatificazione dei tre fratelli, che fu celebrata il 10 ottobre seguente, insieme a quella degli otto frati.
La canonizzazione Il 18 dicembre 2022 il cardinal Béchara Boutros Raï, Patriarca dei Maroniti, annunciò che per i tre fratelli era in vista la canonizzazione senza la conferma formale di un miracolo. Tale supplica era stata presentata dal Santo Sinodo dei Vescovi Maroniti, nel 2022, a papa Francesco; alla richiesta si erano associati anche i Superiori Maggiori dell’Ordine dei Frati Minori, il Ministro generale e il Custode di Terra Santa, chiedendo la canonizzazione per l’intero gruppo degli undici martiri. Le motivazioni erano duplici: per i tre fratelli, per offrire, mediante la canonizzazione, un messaggio di dialogo, di pace e di unità nel contesto medio-orientale; per i frati, l’imminenza dell’ottavo centenario della morte di san Francesco d’Assisi, che ricorreva nel 2026. Il 23 marzo 2023, papa Francesco autorizzò l’iter speciale per la redazione e lo studio della “Positio super Canonizatione” e, il 23 maggio 2024, approvò i voti favorevoli della Sessione Ordinaria dei Cardinali e Vescovi del Dicastero delle Cause dei Santi per la canonizzazione degli undici Martiri di Damasco. Lo stesso Pontefice li canonizzò a Roma, in piazza San Pietro, domenica 20 ottobre 2024.
La memoria e il culto Il Martirologio Romano commemora insieme gli undici martiri al 10 luglio, ma nel Calendario dell’Ordine dei Frati Minori sono ricordati il 13 luglio. A Damasco, invece, sono festeggiati sia nell’anniversario del martirio, sia, in modo solenne, la domenica successiva al 12 luglio. I resti mortali degli undici martiri sono venerati nella chiesa della Conversione di San Paolo a Bab Touma, quartiere di Damasco. Nella diocesi di Salisburgo e nel villaggio natio di padre Engelberto il suo ricordo è molto vivo, soprattutto con le celebrazioni annuali del 10 luglio. A centocinquant’anni dal suo martirio è stata fondata la Engelbert Kolland Gemeinschaft (Associazione Engelberto Kolland), anche con finalità di dialogo interreligioso. Nel 1986 divenne compatrono della parrocchia di Zell am Ziller. Il 22 settembre 2013 è invece stata consacrata una cappella intitolata a lui sul monte Penken, progettata dall’architetto Mario Botta e che, nella forma, ricorda il cristallo del granato, che nella valle dello Zillertal era molto estratto nel XIX secolo.
Preghiera Pieno dello spirito di San Francesco, sei andato in Terra Santa. Lì hai proclamato la fede e hai versato il tuo sangue per Cristo. Aiutami ad avere il mio cuore pieno di amore per Cristo affinché io possa vivere nella potenza della fede come testimone del Vangelo nella vita di ogni giorno. Prega il Signore per noi, affinché nella sua Chiesa si risveglino molte vocazioni, al sacerdozio e alla vita religiosa per l’istituzione di sante famiglie e nella ricerca dell’amore cristiano nella vita di ogni giorno. Accendi nei credenti attraverso la tua intercessione lo spirito missionario che ti ha ispirato, lo zelo per l’apostolato e la disponibilità generosa alla devozione amorosa. Amen.
Imprimatur dell’Arcivescovo di Salisburgo, 8 aprile 2011
Autore: Emilia Flocchini
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