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† Cheongju, Corea del Sud, 9 gennaio 1800
Francesco Yi Bo-hyeon, dopo un’adolescenza e una prima giovinezza ribelle, mutò il suo comportamento con l’adesione senza riserve al cattolicesimo. Anche in mezzo alle persecuzioni, esortava i fedeli a non arrendersi, meditando sulla Passione di Gesù. Arrestato dalla polizia, patì svariate e terribili torture, fino ad essere condannato a morte tramite percosse il 9 gennaio 1800, a ventisette anni.
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Francesco Yi Bo-hyeon nacque a Hwangmosil, nella regione del Chungcheong (attualmente Hoeum-ri, provincia del Chungcheong del Sud, in Corea del Sud) da una famiglia di ceto umile. Durante la sua adolescenza e prima giovinezza era testardo e ribelle, forse perché aveva perso presto il padre.
A vent’anni, imparò il catechismo da Tommaso Hwang Sim, che viveva vicino alla sua città natale e, successivamente, divenne un inviato segreto della nascente Chiesa coreana, compiendo spedizioni a Pechino, e sposò la sorella di Francesco.
Lui, invece, decise di correggere il suo comportamento sconsiderato e di abbracciare la fede. Non voleva sposarsi, ma dovette farlo per ubbidire a sua madre. In seguito, per essere più libero nella pratica religiosa, si trasferì con Tommaso a Yeongsan. Nel 1795 invitò a casa propria il primo sacerdote missionario in Corea, il cinese padre Giacomo Zhou Wen-mo, dal quale ricevette i Sacramenti.
Man mano che comprendeva meglio gli insegnamenti del cattolicesimo, Francesco maturava nella fede. A volte si dirigeva da solo tra i monti per pregare da solo e compiere atti di penitenza per i suoi peccati.
Nel 1797, durante la persecuzione Jeongsa, numerosi cattolici vennero arrestati. Francesco, invece, non aveva paura, anzi: incoraggiava i suoi familiari e gli altri credenti a restare fedeli alla loro religione. Ogni giorno ricordava loro la Passione di Gesù e li invitava a professare la fede con coraggio e a non perdere l’opportunità di andare in Paradiso.
Circa due anni dopo la persecuzione, Francesco ebbe un brutto presentimento. Invitò tutta la gente del suo villaggio e offrì loro cibo e vino, dichiarando: «Questo è il mio ultimo banchetto». In effetti, proprio due giorni dopo, venne arrestato dalla polizia.
Il magistrato di Yeongsan, che confermò che lui era cattolico, provò a fargli rivelare dove si trovassero gli altri cattolici e i loro libri. Francesco si rifiutò: «Non posso dare libri su Dio, il Grande Re dell’universo, nelle mani dell’ufficiale in capo». Questi si adirò e ordinò di picchiarlo e metterlo in prigione.
Più tardi, dietro ordine del governatore del Chungcheong, Francesco venne condotto dal comandante in capo di Haemi, che governava la regione da cui proveniva. Là subì nuove torture, ma senza esito. A chi l’interrogava replicò: «L’origine degli esseri umani è il Signore che li ha creati al principio del mondo. Quindi per me è impossibile non venerarLo».
Francesco venne lungamente torturato per più di mezza giornata, ma non vacillò. In prigione, continuò a pregare in pace e incoraggiava gli altri prigionieri cattolici, insieme al padre di famiglia Martino In Eon-min.
Nel frattempo, il comandante in capo di Haemi si consultò col governatore riguardo Francesco. Il governatore inviò l’ordine di picchiarlo a morte se non avrebbe confessato tutto. Di conseguenza, dovette passare attraverso ulteriori percosse e interrogatori. Alla fine, il comandante gli presentò la sentenza scritta della pena di morte: lui la firmò serenamente.
Il mattino dopo, Francesco venne condotto sulla piazza del mercato e picchiato violentemente, ma non morì ancora. A quel punto, i persecutori lo buttarono a terra e lo percossero sulle parti intime finché non rese l’anima a Dio. Era il 9 gennaio 1800 (15 dicembre 1799 secondo il calendario lunare) e Francesco aveva ventisette anni.
Qualche giorno dopo, alcuni fedeli vennero a recuperare il suo cadavere. Notarono che il volto del giovane, nonostante quel crudele pestaggio, aveva un’espressione misteriosamente pacificata. Pare, inoltre, che i pagani che osservarono la scena divennero cattolici.
Insieme al suo compagno di prigionia Martino In Eon-min, martirizzato lo stesso giorno ma in luogo diverso, Francesco Yi Bo-hyeon è stato inserito nel gruppo di martiri capeggiato da Paolo Yun Ji-chung (del quale fa parte anche il già citato padre Giacomo Zhou Wen-mo) e beatificato da papa Francesco il 16 agosto 2014, nel corso del viaggio apostolico in Corea del Sud.
Autore: Emilia Flocchini
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