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Guadalajara, Messico, 9 dicembre 1899 – 1° aprile 1927
José Dionisio Luis Padilla Gómez, nato e cresciuto a Guadalajara in Messico, entrò nel 1917 nel seminario conciliare di Guadalajara. Ne uscì nel 1921, quasi all’inizio degli studi teologici, perché preso dai dubbi sulla propria vocazione. Si mantenne facendo l’insegnante, ma il più delle volte teneva lezioni gratuite per i ragazzi poveri. Socio fondatore e membro attivo dell’Associazione Cattolica della Gioventù Messicana (ACJM), rafforzava il suo apostolato con la preghiera, la meditazione e l’adorazione eucaristica. Nel 1926 iniziò a pensare di tornare in seminario, ma ormai infuriava la persecuzione religiosa: si dispose quindi a dare testimonianza fino alla fine. Il 31 marzo 1927 fu arrestato in casa sua e condotto nella caserma Colorado: lì trovò gli amici Anacleto González Flores e i fratelli Jorge, Ramón e Florentino Vargas González, il quale, all’ultimo momento, fu rilasciato. Il 1° aprile 1927, Luis fu condotto nel cortile della prigione e fucilato, con l’unico rimpianto di non essersi confessato e comunicato, dato che era il primo venerdì del mese. Fu beatificato il 20 novembre 2005 a Guadalajara, sotto il pontificato di Benedetto XVI, insieme ai suoi compagni di martirio e ad altri nove, tra laici e sacerdoti, uccisi nella medesima persecuzione. I suoi resti mortali sono venerati nella chiesa parrocchiale di San Giuseppe ad Analco, precisamente nella cappella della Madonna di Guadalupe.
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Nel contesto della persecuzione religiosa messicana, provocata dalla nuova costituzione promulgata nel 1917, parecchi cristiani subirono il martirio. Tra essi rifulge un gruppo comprendente quattro fedeli laici dell’arcidiocesi di Guadalajara, tutti cristiani integerrimi, attivamente impegnati nella difesa della libertà religiosa e della Chiesa, che furono uccisi per la loro fede il 1° aprile 1927.
Uno di essi è José Dionisio Luis Padilla Gómez, nato a Guadalajara il 9 dicembre 1899. Ricevette un’accurata educazione dalla sua famiglia distinta e cristiana. Nel 1917 entrò nel seminario conciliare di Guadalajara, ma nel 1921 lo abbandonò avendo alcuni dubbi circa la sua vocazione. Abbandonò inoltre anche l’attività di insegnante, per dedicarsi ad impartire lezioni gratuite ai bambini e giovani più poveri.
Socio fondatore e membro attivo dell’Associazione Cattolica della Gioventù Messicana (ACJM), vi svolse un’intensa opera di apostolato, in particolare nel campo della promozione sociale. Era solito praticare apertamente la sua pietà: in casa, nelle strade ed in chiesa. Fu fervente devoto della Vergine Maria.
Quando scoppiò la persecuzione religiosa nel suo paese, si affiliò all’Unione Popolare per partecipare con mezzi pacifici alla difesa della religione cattolica. Più volte espresse il desiderio di seguire Gesù sino al dolore, alla sofferenza e al dono totale della propria vita.
Venerdì 1° aprile 1927, alle due di mattina, la sua casa fu accerchiata da un gruppo di soldati dell’esercito federale, che la saccheggiarono e poi arrestarono Luis insieme all’anziana madre e a una sorella. Il giovane fu condotto alla caserma Colorado, lungo il tragitto dovette sopportare colpi, insulti e vessazioni. Poco dopo furono arrestati e condotti alla stessa caserma anche l’avvocato Anacleto González Flores e i fratelli Jorge, Ramón e Florentino Vargas González.
Jorge, attraverso le sbarre, fece capire a Luis che sarebbero stati fucilati entro breve. Capendo che era ormai imminente la sua fine, lui si dispiacque per non essersi confessato e comunicato, visto che era il primo venerdì del mese.
Il suo compagno di apostolato e di prigione, Anacleto, lo confortò affermando: «No, fratello, non è più l’ora di confessarsi, ma di chiedere perdono e di perdonare. È un Padre e non un giudice che ti attende. Il tuo stesso sangue ti purificherà».
I compagni di prigionia recitarono dunque l’Atto di Dolore, poi vennero condotti nel cortile della prigione, per essere fucilati. Florentino Vargas González fu rilasciato quasi all’ultimo momento, perché il fratello Ramón si sostituì a lui. Mentre Luis, inginocchiato, offriva a Dio la sua vita in fervente preghiera, il plotone d’esecuzione fece fuoco. Aveva solo ventisei anni.
La causa di Luis e dei suoi tre compagni fu compresa in un elenco di potenziali martiri della diocesi di Guadalajara, con Anacleto González Flores come capogruppo. Oltre a loro, erano annoverati altri quattro laici, ovvero Ezequiel Huerta Gutiérrez, Salvador Huerta Gutiérrez, Luis Magaña Servín e Miguel Gómez Loza.
L’inchiesta diocesana fu aperta il 15 ottobre 1994 e chiusa il 17 settembre 1997; il nulla osta dalla Santa Sede venne il 16 dicembre 1994. Il decreto di convalida degli atti dell’inchiesta fu emesso il 21 maggio 1999.
La “Positio super martyrio”, consegnata nel 2003, fu esaminata il 15 maggio 2004 dai Consultori teologi della Congregazione delle Cause dei Santi e dopo un mese, il 15 giugno 2004, dai cardinali e dai vescovi membri della stessa Congregazione. Il 22 giugno 2004, il Papa san Giovanni Paolo II ha autorizzato la promulgazione del decreto per cui Luis e gli altri sette laici potevano essere dichiarati martiri.
La loro beatificazione è stata celebrata il 20 novembre 2005, sotto il pontificato di Benedetto XVI, nello Stadio Jalisco di Guadalajara. Nella stessa celebrazione sono stati beatificati altri nove martiri uccisi nella stessa persecuzione religiosa.
I resti mortali del Beato Luis Padilla Gómez sono venerati nella chiesa parrocchiale di San Giuseppe ad Analco, precisamente nella cappella della Madonna di Guadalupe.
Autore: Don Fabio Arduino
Indeciso, un po’ tendente al pessimismo, eccessivamente scrupoloso e spiritualmente tormentato: anche così son fatti i santi, con la differenza che, nella fragilità di cui è impastata la loro natura umana, lasciano liberamente irrompere lo Spirito di Dio. Che sempre li trasforma e di alcuni ne fa dei martiri, proprio come è successo al beato José Dionisio Luis Padilla Gómez, messicano di Guadalajara, nato il 9 dicembre 1899, ultimogenito di una famiglia molto in vista, stimata e benvoluta.
Papà muore quando lui è piccolo, i fratelli più grandi prendono la loro strada e su Luis si riversa tutto l’affetto di mamma e delle due sorelle a lui più vicine per età. Lo fanno studiare, prima in un collegio privato, poi dai Gesuiti. Qui, oltre a brillare per lo studio, si distingue anche per la sua religiosità e a 16 anni entra nella Congregazione Mariana dei gesuiti, iniziando così il suo apostolato attivo.
Sarà per le doti che gli altri notano in lui, sarà per l’illuminata direzione spirituale che riceve, fatto sta che l’anno dopo entra nel seminario diocesano di Guadalajara. Vi resta cinque anni e ne esce alla vigilia di iniziare teologia, che i superiori gli vorrebbero far frequentare a Roma: in Luis sono spuntate l’indecisione e l’insicurezza che fanno parte del suo carattere e si sente dilaniato dai dubbi. In crisi va però la sua vocazione, non certo la sua fede, anzi la sua naturale inclinazione al misticismo, che la rigida disciplina del seminario aveva parecchio mortificato, trova ora piena libertà di esprimersi.
Viene a galla una tenerissima devozione alla Madonna, insieme ad una ben salda fiducia nel Sacro Cuore, sul quale incomincia a modellare la sua vita e che gli impedisce così di scivolare in un devozionismo sdolcinato. La sua vita è intessuta di preghiera, di meditazione, di adorazione eucaristica e di apostolato intenso. Prima di entrare in seminario era stato tra i fondatori del settore Giovani dell’Azione Cattolica messicana: ora si rituffa in questo ambiente, dedicandogli la maggior parte del suo tempo.
Si mantiene facendo l’insegnante, con incarichi di supplenza o con lezioni private, il più delle volte gratuite per i ragazzi poveri; fa il correttore di bozze, tiene relazioni e conferenze dimostrandosi ferrato, oltreché in filosofia, anche in morale e mistica, ma il suo cuore continua a battere per l’Azione Cattolica. Si distingue particolarmente nell’Unione Popolare, di cui diventa segretario, e che lo assorbe al punto da reclamarlo praticamente a tempo pieno.
«Sono un vecchio di 24 anni», lo sentono a volte esclamare: pessimismo a parte, è il lamento di un giovane dalle giornate sfibranti, che sente l’ansia di annunciare Cristo, di formare le coscienze, di preparare anche culturalmente i giovani messicani, che vorrebbe fare di più e che invece deve accontentarsi di quello che già fa.
Stringe amicizia con Anacleto Gonzalez Flores, più anziano di oltre dieci anni e così differente da lui: tanto è mistico e spirituale Luis quanto pratico e concreto è l’altro; tanto è allergico a scrivere sui giornali il primo, quanto Anacleto è portato a fare “apostolato di penna”; pacifista questi, non per nulla soprannominato il “Gandhi messicano”, che rifiuta ogni compromissione con la resistenza cattolica armata, per la quale invece simpatizza Luis. Però è un’amicizia che arricchisce e fa “crescere” entrambi, e forse anche grazie alla quale Luis torna ad approfondire e fa maturare la sua iniziale vocazione.
Ad agosto del 1926 decide di tornare in seminario, ma la persecuzione ne ha fatto chiudere i battenti e bisogna attendere tempi migliori. «Quando parla è come se predicasse», dicono scherzando gli amici di lui, convinti che nel suo futuro non ci può essere altro che il sacerdozio. Mentre la persecuzione infuria, Luis sente invece che il Signore gli sta forse chiedendo la testimonianza del sangue: ne parla con serenità e vi si prepara con la preghiera.
Non si sbaglia, perché il suo attivismo nell’Azione Cattolica ha attirato l’attenzione della polizia, che nella notte del 31 marzo 1927 irrompe in casa sua e lo arresta insieme all’anziana mamma e alla sorella; ma mentre queste il mattino dopo sono rilasciate, per lui iniziano gli interrogatori e le torture prima della fucilazione, cui già è stato condannato.
Sul luogo dell’esecuzione trova con sua sorpresa anche Anacleto e altri due amici ai quali tocca la stessa sorte; lo scrupoloso e mistico Luis vorrebbe confessarsi, ma il più concreto Anacleto lo invita ad affidarsi completamente a Dio, che li attende «come padre e non come giudice». Fucilati insieme quel 1° aprile 1927 nel nome di Cristo Re, insieme sono stati beatificati con altri martiri messicani il 20 novembre 2005.
Autore: Gianpiero Pettiti
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